TORINO. Avrebbe evaso il fisco per 60 anni, per questo i giudici gli hanno confiscato beni per 121 milioni di euro. Una storia che arriva da Torino ed è stata raccontata sul Lastampa.it. L'imprenditore si chiama Giovanni Perona, classe 1925, incensurato, e a ordinare la confisca è stata la sezione Misure di prevenzione del tribunale di Torino. «Ha sempre denunciato i redditi. Certo, ha anche pagato i condoni e fatto rientrare fondi con lo scudo fiscale. Ma era denaro guadagnato in modo lecito all’estero», spiega al quotidiano torinese l’avvocato Mario Garavoglia, che difende gli interessi dell’imprenditore assieme al collega Cesare Zaccone. Ma i giudici hanno ricostruito la vicenda imprenditoriale di Perona a partire dal 1943 "quando morì il fratello e lui si ritrovò ad affiancare il padre nella società di autotrasporti, al servizio della «Venchi Unica», specializzata nella produzione di cioccolato e dolci - scrive La Stampa - Alla fine della guerra, Perona decise di fondare una società omonima, per entrare nel mondo dell’edilizia residenziale. Era il 1946". Poi lavori all'Amiantifera di Balangero, la fondazione della Siet, nel ramo edilizio, minerario e stradale. E lavori di estrazione e trasporto del ferro dalle miniere della Fiat in India. I giudici scrivono anche che l'opera di Perona svolta in India fu "encomiabile" perché costruì case, strade e collegamenti nella giungla indiana, oltre a riconoscere diritti ai lavoratori. Fu in quel periodo, però, che Perona, secondo i giudici, avrebbe iniziato a utilizzare società fiduciarie e a trasferire fondi in Svizzera. "Per i giudici - scrive ancora La Stampa - il patrimonio di Perona è «spropositato» rispetto a quanto denunciato al Fisco". Ma l'avvocato replica: «Discutibile. E comunque, non ha mai commesso reati».