ROMA. L'esortazione di Isocrate ai suoi concittadini a non cadere nella trappola dell'ingiustizia, tratta dall'opera 'Sulla pacè e proposta oggi come seconda prova della maturità al liceo classico, «è un brano ben scelto», dice il filologo e storico del mondo antico Luciano Canfora. «Innanzi tutto - spiega - la sintassi di Isocrate è particolarmente limpida, cristallina, regolare, mai imprevedibile: anche il periodo è lungo, è molto ben organizzato e uno studente di preparazione media può orientarsi bene.
E poi il ritaglio del brano è fatto con una certa intelligenza: ha sì un carattere moraleggiante se non narrativo, ma si riferisce a fatti noti, la crisi del secondo impero ateniese e la cosiddetta guerra sociale. Occasione in cui Isocrate indica nella scadente qualità del ceto politico una delle cause dell'inevitabile sconfitta di Atene».
Il brano è interessante, secondo Canfora, anche perchè «Isocrate parla per la prima volta direttamente di politica interna, essendosi occupato precedentemente delle grandi tematiche di politica estera. Nato nel 436 avanti Cristo e vissuto quasi cent'anni, fino al 338, nel 357-56, quando scrive questi brani, è già un vecchio signore e ha maturato un distacco abbastanza significativo dalle parti politiche. Con questo spirito mette l'accento sulla qualità del ceto politico di allora». Un argomento, conclude Canfora, «molto attuale: il testo si apre con un elogio della giustizia che non fa mai male».
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