ROMA. «Non è lui la persona che cercano». Lo sostengono alcuni amici di Mered Medhanie, l'eritreo estradato in Italia e ritenuto a capo di una delle più grosse organizzazioni criminali che gestiscono i viaggi dei migranti verso le coste siciliane. Secondo alcuni amici, interpellati dalla Bbc, c'è stato uno scambio di identità e il giovane arrestato è innocente.
In realtà, secondo la loro testimonianza, la persona arrestata si chiama Mered Tesfamariam e ha 28 anni. E, a conferma di quanto sostengono, anche alcune foto pubblicate dalla Bbc che ritraggono l'«amico» arrestato in Sudan ed estradato a Roma. Uno degli amici, Hermon Berhe, ha detto alla polizia di essere cresciuto con il giovane arrestato: «Non credo possa essere coinvolto in niente del genere. È una persona buona», ha detto.
Un altro eritreo racconta di aver condiviso una casa in Sudan con l'arrestato. E una giornalista svedese di origine eritrea, che lo scorso anno intervistò Mered, sostiene che il giovane delle foto non è lui, ma un ragazzo con lo stesso nome. «È solo un rifugiato che si trovava a Khartoum», ha detto al quotidiano svedese Aftonbladet.
"Stiamo svolgendo gli opportuni accertamenti. Al momento tutto quello che possiamo dire è che la segnalazione del ricercato, il suo arresto, la consegna e l'estradizione in Italia ci sono stati comunicati in via ufficiale dalla National Crime Agency inglese e dalle autorità sudanesi tramite l'Interpol". Il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi commenta così le indiscrezioni raccolte dalla Bbc secondo le quali ci sarebbe stato uno scambio di persona nella cattura di Mered Medhanie. Una vicenda che il procuratore Lo Voi definisce "singolare" ribadendo tuttavia, in attesa del risultato degli accertamenti, che la gestione dell'operazione è stata condotta dalla Nca inglese e dalle autorità sudanesi.
L'INTERROGATORIO. Mered Medhanie sarà interrogato domani nel carcere romano di Rebibbia, dove si trova da due giorni. Ad assisterlo, nell'interrogatorio di garanzia davanti al gip, sarà l'avvocato palermitano Michele Calantropo, nominato dalla sorella dell'arrestato che ritiene che quello estradato in Italia sia suo fratello, omonimo del ricercato, e non il trafficante di uomini a cui la polizia dava la caccia.
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