PALERMO. Ivomec. E’ la sigla, più correttamente il nome di un farmaco, che cela un altro business della mafia delle montagne. Quella che secondo le prime ricostruzioni avrebbe attentato alla vita di Giuseppe Antoci, il presidente del parco dei Nebrodi. E anche in questi caso è un business a parecchi zeri.
Ivomec è il nome di un farmaco antiparassitario, una medicina indispensabile negli allevamenti di bovini e suini. Il problema – per gli allevatori – è che costa 480 euro a confezione. E qui sta il business. Ce lo descrive Vito Lo Monaco, presidente del centro Pio La Torre e dirigente dell’Agricoltura: “Nel Messinese, da qualche mese, girano venditori ambulanti che propongono agli allevatori di acquistare questo farmaco per appena 80 euro. Secondo quanto sappiamo l’antiparassitario contraffatto arriva dalla Romania ma è chimicamente diverso da quello 'ufficiale'. E questa diversità nel principio attivo ha effetti cancerogeni”.
Secondo Lo Monaco il rischio non è limitato agli animali. E qui sta un’altra faccia del business: “Attraverso la macellazione clandestina gli animali su cui è stato applicato questo antiparassitario cancerogeno arrivano sulle nostre tavole. E anche la macellazione clandestina, come la distribuzione di questo farmaco, è nelle mani delle cosche delle montagne, quelle che agiscono nella zona di Tortorici. E’ chiaro anche che dietro la macellazione clandestina ci sono veterinari del servizio pubblico compiacenti, disposti a certificare che gli allevamenti sono sani. Su tutto questo ci sono già indagini della magistratura. Ma il rischio è che prima di arrivare a condanne il settore della zootecnia nel Messinese sia compromesso”.
Lo Monaco, che è anche ex presidente della Cia regionale, segnala infatti la grave crisi che ha colpito il comparto, soprattutto nella zona del Messinese, dove starebbe trovando spazio il business della mafia.
L’attentato ad Antoci sarebbe infatti maturato nell’ambito delle assegnazioni dei terreni del parco destinati al pascolo. Terreni assegnati in passato senza gara ad aziende che non avevano l’obbligo di presentare le certificazioni antimafia e che a volte neppure avevano reali allevamenti.
L’interesse a ottenere questi terreni sarebbe nato dalla opportunità di poter dichiarare l’attività zootecnica e ottenere i contributi statali ed europei, che sono collegati proprio ai terreni su cui l’attività si svolge. In pratica, ha ricostruito Crocetta ieri, ricevendo in concessione un terreno a 30 euro ad ettaro all’anno si potevano ottenere poi contributi per 3 mila euro ad ettaro.
Su questo e altri risvolti del caso Antoci, altri approfondimenti sul Giornale di Sicilia di domani.
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