ROMA. «Una decisione delicata» l'ha definita il dg Rai Antonio Campo Dall'Orto: l'intervista a Riina jr a Porta a Porta è stata probabilmente la prova più difficile da affrontare da quando è a Viale Mazzini. La tensione si è percepita chiaramente nel corso dell'audizione in Commissione Antimafia, dove i vertici Rai sono stati sottoposti al fuoco di fila dei parlamentari di quasi tutti gli schieramenti. Il giorno dopo il clima non si è rasserenato. Tutt'altro: sono state le modalità dell'intervista di Bruno Vespa a finire al centro dell'attenzione.
Il messaggio mandato dal figlio del boss, le domande eluse dall'ospite, la liberatoria concessa solo alla fine. Nuove critiche dal presidente del Senato Pietro Grasso, il fratello di Borsellino ha attaccato Vespa dal blog di Grillo, e, dopo il dispiacere trapelato dal Quirinale per la vicenda, a prendere posizione sono stati anche esponenti governativi.
«Non ho voluto vedere la puntata», ha fatto sapere il sottosegretario Luca Lotti. «Comprendo le emozioni dei parenti delle vittime di mafia», ha commentato l'altro sottosegretario Antonello Giacomelli. La tv pubblica, insomma, è apparsa accerchiata.
«Nel risentire il racconto di Riina jr molte cose sono insopportabili. Non rinnegare la storia del padre, ad esempio. In sostanza Riina dà una intervista da mafioso», ha ammesso la presidente Rai Monica Maggioni, pur sottolineando l'interesse giornalistico all'intervista che rifarebbe lei stessa e l'assenza di ogni tipo di negazionismo. Qualcosa però non ha funzionato al meglio. È mancato, secondo i vertici, un confronto preventivo su un tema così delicato. Il direttore per l'offerta informativa, Carlo Verdelli, ha dato il suo via libera dopo aver visto un prodotto già pronto, mentre occorreva una valutazione a monte. Per questo - ha spiegato il dg - «dal primo settembre bisognerà riuscire ad avere una supervisione che lavori a priori sui contenuti giornalistici ovunque essi siano». Misura inaccettabile, secondo i sindacati dei giornalisti Fnsi e Usigrai, perchè «viola la legge e il contratto di lavoro».
La tv pubblica mette dei paletti, dunque, pur continuando a difendere il conduttore che, in apertura della puntata di questa sera sulla lotta alla mafia, programmata dopo il polverone di ieri, ha precisato: «La Rai ha già chiarito che non c'è nulla da riparare». Maggioni ha definito «inaccettabile» che si parli del conduttore come «portavoce della mafia», come fa in Antimafia Lucrezia Ricchiuti del Pd, e contestato chi gli attribuisce un «comportamento mafioso» come Andrea Vecchio di Scelta Civica. Ma sono state le parole del presidente Grasso, ancora una volta, a fare rumore.
«Non si banalizza la mafia, serve serietà», ha detto prima di spiegare che lui in Rai ha sempre dato la liberatoria prima di parlare, mentre a Riina è stata chiesta solo dopo. Circostanza confermata da Campo Dall'Orto che, precisando che l'intervista è stata «ovviamente gratuita», ha assicurato che «le domande erano libere».
«Le liberatorie si danno sempre prima perchè altrimenti si lascia il pallino in mano a chi la deve firmare dopo», ha replicato la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, aggiungendo che «Riina jr è stato reticente e omertoso, ha raccontato menzogne e ha mandato messaggi pericolosi senza essere contrastato dal conduttore». Dal Pd è arrivato anche un attacco al presidente della Commissione Vigilanza, che sarebbe rimasto inerte di fronte a quanto accaduto. «Già ieri - ha replicato l'esponente M5S - la commissione di Vigilanza che presiedo ha chiesto alla Rai la convocazione del direttore di Rai1, Andrea Fabiano, che risponderà alle domande il 13 aprile».
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