Venerdì 22 Novembre 2024

Precarietà "familiare", Luca e Chiara senza figli per la crisi

ROMA.  Se potessero tornare indietro, forse qualche scelta diversa la farebbero. Tempo fa, quando hanno deciso di lasciare il paese natio e trasferirsi nella grande città ("ovvero quando eravamo più giovani e tutto sembrava più facile", puntualizzano ironici), sembrava che la fortuna fosse a portata di mano. Ma poi è arrivata ("inaspettata") la crisi e la parola d'ordine è diventata precarietà. Non solo lavorativa, ma anche - in questo caso - familiare. Nessuna doccia fredda, dunque, oggi quando sono usciti i dati Istat sul record negativo delle nascite nel 2015. Numeri che non stupiscono nè Chiara, 33 anni, nè Luca, 36. Si sono conosciuti giovanissimi e circa 10 anni fa hanno deciso di lasciare le famiglie d'origine, al Nord, per inseguire i loro sogni professionali nella Capitale. Da quattro anni sono sposati e al momento non hanno ancora avuto figli. "Se per tanto tempo amici e parenti ci hanno chiesto 'quando vi sposate?' - racconta Chiara - ora la domanda di rito è 'quando lo fate un figlio?'". Domanda lecita, precisa la giovane. "Una domanda che ci facciamo anche noi". Peccato che poi bisogna fare i conti con bollette e affitto. E due lavori che "definire precari è poco". Quello che serve ad allargare la famiglia, aggiunge Luca, è il coraggio: "Dovremmo fare un salto nel buio". Luca è un libero professionista, Chiara lavora nel campo della comunicazione. Nessuno dei due ha un contratto "stabile". "Nel mio caso - dice Chiara - non è tanto la paura di non ritrovare il lavoro al rientro dal periodo di maternità, quanto la paura di non riuscire a gestire la cura del bimbo poi. I servizi, come nidi e simili, in città come grandi come Roma non mancano, ma calcolatrice alla mano non sempre possono essere accessibili. L'unico welfare certo in Italia è la famiglia, cioè i nonni. Nel nostro caso i nonni abitano lontano. Un ostacolo in più". Anche a fronte degli aiuti messi in campo dalla politica nel corso degli anni, dal bonus bebè ai sussidi, "è proprio l'intero sistema che non funziona", sostiene Luca. "La nostra generazione non ha grandi pretese - aggiunge - vorremmo solo poter godere degli stessi diritti dei nostri genitori. Ma alle volte sembra che chi decide non se ne accorga". A Roma Luca e Chiara si trovano bene. "Certo gli affitti sono molto più cari che in provincia - osservano - e per far quadrare i conti a fine mese dobbiamo stare attenti alle spese". Grandi viaggi, automobile o casa di proprietà non sono "tra le nostre priorità, anzi. I mezzi pubblici per spostarsi vanno benissimo. Il desiderio di allargare la famiglia, al momento, viene prima. Le lancette del tempo scorrono, mentre la sicurezza di poter contare su servizi e sussidi vacilla". "Potremmo raccontare altre storie di coppie che vivono situazione simili alla nostra, non siamo sicuramente gli unici - conclude Luca - bisogna che l'Italia si svegli". Se 10 anni fa non avessero scelto di fare un'esperienza lontani da casa e si fossero accontentati di un lavoro qualsiasi, rimanendo vicino alle famiglie, forse ora Luca e Chiara avrebbero una casa con giardino e due figli. "Chissà. Ma un Paese che non sa ascoltare le esigenze dei giovani che futuro può avere?".

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