In un’Europa priva di leadership ciascuno guarda ai propri interessi. Lo sostiene Germano Dottori, docente di Studi Strategici presso l’Università Luiss di Roma, che fa il punto sulla situazione europea in occasione del drammatico Consiglio Europeo che si è svolto a Bruxelles.
L'Unione europea sembra andare in pezzi, con continui scontri tra le nazioni. Cosa sta succedendo?
«Sono accadute due cose. La prima: con la riunificazione della Germania sono stati alterati gli equilibri interni europei: la Berlino di oggi è enormemente più forte della Bonn di allora. È proprio per tentare di contenere la forza della Germania che si diede vita all’euro. Dovevamo europeizzare i tedeschi. Invece, loro sono diventati lo stesso talmente potenti da tentare la germanizzazione del Continente. Il risentimento di tanti europei verso l’Ue in realtà riflette l’avversione alla supremazia della Germania. Il secondo avvenimento si è prodotto dopo il 2010: gli Usa hanno ridotto la loro presenza in Medio Oriente, nel Mediterraneo e nella stessa Europa, privandoci dell’unica leadership che siamo disposti ad accettare, che è la loro. Barack Obama è stato il primo Presidente statunitense del dopoguerra a non percepirsi e non rappresentarsi come il capo dell’Occidente, ma solo come l’interprete degli interessi nazionali del suo Paese. Senza la leadership americana, il problema di stabilire la gerarchia di potenza in Europa è diventato più grave ed acuto. È bastato l’uso politico-strategico della leva migratoria da parte di Turchia e Congresso nazionale libico a mandare in pezzi lo spazio unico europeo».
Uno dei temi più caldi è quello dei rifugiati, che sta mandando in crisi la libera circolazione delle persone. Cosa significa?
«Significa che non essendo più capaci di difendere i confini esterni dell’area Schengen, il presupposto basilare del mantenimento in essere dello spazio unico europeo sta venendo meno. L’assalto viene da Sud e da Sud-Est. In prima linea siamo noi ed i greci. Chiaramente, chi può frapporre ostacoli all’invasione, lo fa. Di che meravigliarsi? Non possiamo offrire le stesse opportunità degli Usa. Siamo un Continente oppresso dai debiti e pieno di anziani. Io prefiguro dal giugno scorso un rischio espulsione da Schengen per l’Italia. Mi pare che l’ipotesi stia prendendo corpo. Nessuno si illuda che una volta saltato lo spazio unico europeo tutto sarebbe come prima. Accadrà un’altra cosa invece: i Paesi centro-settentrionali d’Europa ricostituiranno la loro area senza confini a Nord delle Alpi. Lasciando a noi ed ai greci l’onerosa funzione di Stati cuscinetto tra l’Europa e il Terzo Mondo. Gli hot spot sono l’antipasto».
Ai due opposti ci sono le possibile uscite dalla Ue di Gran Bretagna e Grecia?
«Il Regno Unito sta cercando di negoziare le condizioni alle quali restare nel mercato europeo, con l’obiettivo di sottrarsi al maggior numero di vincoli possibili. È da sempre la sua strategia, che è dettata dalla coscienza di essere una potenza mondiale ed avere comunque un ruolo anche senza i partner europei. Per la Grecia, la questione è diversa. Atene è stata vittima di una battaglia che riguardava non soltanto il destino delle finanze greche ma quelle di tutti i Paesi non virtuosi del Continente. La rivolta di Tsipras e Varoufakis è stata un tentativo interessante di risposta. Ma è andato male. Ora che si sono piegati ai diktat, minacciano di espellere i greci per via dei migranti. Diciamolo francamente: è una vergogna».
L'economia resta comunque un punto centrale: il dibattito su flessibilità, austerity, crescita, debito ma ad esempio anche banche è sempre più acceso. Quali sono gli interessi in gioco?
«Per l’Italia, la posta in gioco è enorme: è il controllo nazionale sul proprio risparmio, uno dei pochi elementi di vera forza della nostra economia. Le nostre banche fanno gola a molti in Europa, soprattutto ai francesi. Una volta levata all’Italia la gestione del suo risparmio interno, il frutto della nostra prudenza e dei nostri sacrifici verrebbe goduto dai nostri competitori. Oltre al danno, la beffa! Per indurci a cedere, di tanto in tanto subiamo attacchi che si ripercuotono sugli spread. È però interessante che l’americana BlackRock ci abbia pubblicamente difeso.
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