ROMA. «L'incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill rappresenta il crollo di un muro che divide non solo l'ortodossia dal cattolicesimo, ma anche la Russia dal resto del mondo». Giovanna Parravicini, ricercatrice della Fondazione Russia Cristiana, spiega così l'importanza del primo incontro tra i maggiori esponenti delle due confessioni religiose, quasi mille anni dopo lo scisma. Da Mosca, dove lavora, l'esperta dà la sua lettura dell'evento «storico»: «L'incontro simboleggia una ricerca di unità che precede ogni divisione e brucia risentimenti e recriminazioni. Francesco è forse l'unica persona che oggi simboleggia un “altro” Occidente, l'unica persona in grado di tendere la mano all'Europa dell'Est». Si tratta di un incontro solo ecumenico o anche con risvolti geopolitici? «È certamente un incontro che aprirà nuove prospettive e nuove strade. È soprattutto ecumenico, ma non si può escludere che i cristiani devono farsi propositori dell'annuncio di Cristo insieme per portarlo nel mondo senza divisioni e nel cuore dei conflitti, quindi nelle zone del Medio Oriente e dell'Africa, dove i diritti umani vengono calpestati. Perché ciò sia possibile queste due Chiese devono poter intercedere presso le grandi potenze mondiali». Perché per l'incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill è stato scelto come luogo Cuba? «Cuba è un luogo simbolo per la Russia, ma anche un Paese al di fuori di tutti i giochi politici, un luogo che rappresenta la volontà di questi due leader spirituali di cominciare un dialogo nuovo». Qual è il ruolo di Putin nell'organizzazione di quest'incontro? «Ufficialmente Putin non ha nessun ruolo. Avrà, però, incoraggiato il Patriarca a superare le titubanze e i timori di tanti anni in modo da facilitare la realizzazione dell'incontro. Del resto, Putin spinge per un'uscita dall'isolamento della Russia, che intende riacquistare un ruolo di leader a livello mondiale. Ha già incontrato il Papa due volte e dopo l'ultimo confronto tra i due si è intensificata anche tutta l'attività diplomatica necessaria per la preparazione di quest'incontro. Adesso l'incontro tra il Papa e il Patriarca Kirill rappresenta un riavvicinamento fra Ovest ed Est, tra la Russia, che ha fatto vedere una certa paura e aggressività nei confronti dell'Europa, e un'Europa che stavolta mostra il suo volto cristiano. È un modo per riprendere un dialogo tra queste due parti». Queste due grandi religioni possono fare fronte comune per affrontare le violenze che subiscono i cristiani in Medio Oriente? «Credo che già lo facciano, perché sia il Papa che la Chiesa ortodossa russa sono attivi nell'aiutare e nel realizzare varie iniziative. Ad esempio, nell'autunno è in programma un grande summit a Mosca sul tema della persecuzione dei cristiani». Che cosa divide i cristiani cattolici dagli ortodossi russi? «Tra le due religioni ci sono differenze dogmatiche. Quella più significativa è la questione del primato del Papa. E su questo c'è una commissione teologica che da anni sta lavorando. Una ferita che sentono molto gli ortodossi è poi il fenomeno dell'uniatismo. Riguarda le comunità che, nel XVI e nel XVII secolo, tra le attuali Polonia, Ucraina e Bielorussia, conservando il rito bizantino, sono passate dalla Chiesa ortodossa a quella cattolica. Per gli ortodossi questo fenomeno viene sentito ancora come un tradimento e un ostacolo all'unità. C'era stata negli anni scorsi una richiesta di abolire queste Chiese, ma ciò è impossibile». Se questi «ostacoli» non sono stati superati, com'è stato possibile giungere a quest'incontro tra il vescovo di Roma e il Patriarca degli ortodossi di Russia? «È vero, gli ostacoli sono ancora tutti lì, uno su tutti la presenza dei greco cattolici in Ucraina, gli uniati. Ciò che oggi si è capito è che l'incontro tra il Papa e il Patriarca di Mosca non è l'esito della soluzione degli impedimenti, ma l'occasione per ricominciare a parlarsi. Poi ci sono dei fattori del contesto che hanno aiutato: ad esempio, la guerra in Ucraina e il rischio della divisione tra Mosca e la Chiesa ortodossa ucraina. Oppure i crescenti buoni rapporti tra Papa Francesco e Bartolomeo, il Patriarca di Costantinopoli. Oppure lo scenario allarmante della “guerra mondiale combattuta a pezzi”. Gli ostacoli all'incontro non sono caduti, ma Mosca si è resa conto di quanto siano stringenti le sfide che la Chiesa si trova ad affrontare. E capisce che davvero una maggiore vicinanza con i cattolici potrebbe essere un aiuto, in senso cristiano, per affrontare i problemi sul tappeto». C'è un rischio di islamizzazione della Russia? «La Russia è un Paese che ha una forte componente islamica per tradizione. Quindi, non c'è un rischio, perché l'Islam è una delle religioni tradizionali. Lo conferma la presenza di una repubblica autonoma all'interno della Federazione Russa, che è il Tatarstan, dove la popolazione è per metà islamica. In particolare, è diffusa la presenza di un islam moderato che fa vedere una possibilità di convivenza e di tolleranza con il cristianesimo. Qualche mese fa, è stata inaugurata una delle moschee più grandi del mondo alla presenza di Putin, del rappresentante del Patriarcato di Mosca e del nunzio apostolico cattolico. Questo testimonia l'idea di una convivenza tra religioni, che vuole opporsi all'islam fondamentalista».