PALERMO. Due provvedimenti di sequestro adottati dalla Sezione misure di prevenzione di Palermo, in passato guidata da Silvana Saguto (ora sospesa e indagata dalla
procura di Caltanissetta), rischiano di finire nel nulla: il pm Calogero Ferrara ha chiesto il dissequestro del patrimonio (gli alberghi Astoria, Garibaldi e Vecchio Borgo) del gruppo Ponte, a cui erano stati apposti i sigilli per la commistione della proprietà con la famiglia Sbeglia e in particolare con Marcello, sotto inchiesta per mafia. Lo riporta la stampa locale.
L'altra vicenda, di cui scrive il Giornale di Sicilia, riguarda la bocciatura da parte della Cassazione del sequestro di beni per 800 milioni alla famiglia Rappa, il cui capostipite, Vincenzo, è morto a Palermo nel 2009. Secondo la suprema corte, per i sequestri (uno operato il 24 marzo 2014, l'altro il 26 giugno dello stesso anno, quest'ultimo fuori tempo massimo) è stata utilizzata la nozione di «eredi di fatto», fattispecie non prevista: eredi sono soltanto quelli indicati dal Codice civile.
La decisione è stata presa dalla sesta sezione della Cassazione, presieduta da Francesco Ippolito. Il piedi resta solo il filone che riguarda Filippo Rappa, figlio di Vincenzo ed
erede diretto insieme agli altri due fratelli Maurizio e Sergio. I nipoti, invece, non sono tecnicamente eredi.
La Cassazione ritiene fondata anche la «censura relativa alla tardività del secondo decreto», adottato nel giugno 2014 quando erano passati in cinque anni dalla morte di Vincenzo Rappa, deceduto il 28 marzo 2009: il termine è perentorio per «l'esigenza - spiegano i giudici - di certezza dei rapporti giuridici, che prevale sull'esigenza pubblicistica dell'impedire
la circolazione di beni di provenienza illecita».
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