TORINO. Eroe sì, ma per caso e soprattutto senza nessuna presunzione. Sorride Moussa Shoula, egiziano di 29 anni, quando i carabinieri lo accompagnano nella sala stampa del Comando provinciale di Torino per farsi immortalare da foto e video. In Italia da meno di un mese, non ha esitato un attimo a sventare una rapina, e a difendere la cassiera di un supermercato minacciata con un coltello, nonostante il rischio che le forze dell'ordine scoprissero il suo status di irregolare e lo rispedissero in patria. «Ho visto una ragazza che aveva paura, era preoccupata e non sapeva che cosa fare. Sono solo intervenuto per aiutarla», racconta il giovane, di ritorno dall'ufficio immigrazione della questura di Torino. I carabinieri lo hanno accompagnato lì per avviare le procedure per il rilascio del permesso di soggiorno per asilo politico. Un premio alla sua onestà e ad una storia che ribalta certi stereotipi su chi, come lui, ha attraversato il Mediterraneo a bordo di un gommone, da clandestino. Il suo arrivo in Europa alla fine del 2012, poi tre anni da irregolare in Francia, dove ha sbarcato il lunario grazie a lavoretti da muratore e da imbianchino. Tutti in nero per una persona che fino a pochi giorni fa non esisteva neppure. A Torino Moussa Shoula è venuto per riabbracciare i suoi fratelli, tutti regolari. «Sono venuto qui per migliorare la mia vita», si limita a dire, stupito da tanta attenzione. A cambiare la sua vita il tentativo di rapina, lo scorso 12 gennaio in un supermercato al confine tra Torino e Nichelino. Alfredo V., italiano di 52 anni, era davanti a lui, in coda alla cassa, quando ha estratto un coltello, lungo oltre 20 centimetri, e si è fatto consegnare 700 euro in contanti. «Quella ragazza era in pericolo, dovevo aiutarla», dice oggi l'egiziano, che si è scagliato contro il rapinatore, lo ha immobilizzato e ha poi atteso l'arrivo dei carabinieri per consegnarglielo. La paura che i militari scoprissero che non aveva i documenti in regola non lo ha fermato. «Ho sentito il dovere di intervenire, consapevole delle conseguenze del mio gesto», ripete oggi l'uomo utilizzando le stesse parole pronunciate davanti alla gazzella che portava via il rapinatore. «Simili comportamenti restituiscono la fiducia nel prossimo», dice il capitano Francesco Piroddi, comandante della Compagnia di Mirafiori. «Speriamo ce ne siano tanti altri...».