Giovedì 19 Dicembre 2024

Bar, pub, distributori di benzina e pescherie: ecco il tesoro dei boss

PALERMO. Ecco i locali dei boss. Pentiti e intercettazioni dicono dove investono vecchi e nuovi capi di Cosa nostra. Una dozzina le attività indicate nel maxi provvedimento di fermo che ha spedito in carcere 38 presunti affiliati ai mandamenti di Porta Nuova e Bagheria. E forse per la prima volta in un’indagine antimafia non si parla di mattone e imprese edili. Uno per uno vengono citati pub della Vucciria, un bar di via Marchese di Villabianca, distributori di carburante, sala scommesse, pescherie e aziende ittiche. Tre sono già stati sequestrati d’urgenza, sulle altre attività ci sono indagini in corso. Nel mirino soprattutto i locali di notturni dove si ipotizza un vero e proprio sistema di fittizia intestazione di beni. I carabinieri del nucleo operativo stanno svolgendo diversi accertamenti sui reali proprietari delle ditte. Ecco l’elenco. Il bar di Di Giovanni A parlare è il collaboratore Danilo Gravagna che in qualità di picchiatore-tuttofare sostiene di avere lavorato a lungo con Tommaso Di Giovanni, considerato il vero capo mandamento di Porta Nuova. Di professione macellaio, ha ereditato la nomina dal fratello Gregorio e adesso anche il terzo fratello, Giuseppe, incensurato arrestato tre giorni fa, è accusato di avere ricoperto una carica importante: capofamiglia del Capo. Parlando a proposito degli affari del clan, Gravagna dice: «Tommaso Di Giovanni dava soldi ad interesse assieme al ”parrucchiere” (Vincenzo Coniglio, arrestato nell’operazione Alexander) - dichiara a verbale -. Hanno dato dei soldi ad un bar di via Marchese di Villabianca, ”Dolce In” ed in pratica non è riuscito più a pagare il debito e loro hanno assorbito il bar. Io andavo ogni mese a prendere i soldi di questo bar e li davo: metà a Giuseppe Di Giovanni e metà al figlio di Enzo, che si chiama pure Giuseppe». Il pm gli chiede: «Ma chi è che glieli dava ”sti soldi”: il titolare proprio?». Risposta: «Sì, il titolare, si chiama Piero. Io andavo a prendere, dipende quello che lui faceva durante il mese, perché i soldi del profitto del bar, perché il bar era di loro: lavorava e...il proprietario era rimasto come...aveva una quota, ma non era tutto suo, era anche di loro, perché loro avevano questi soldi investiti e li dovevano recuperare. Prima li hanno prestati con l'usura; una volta che lui non è riuscito a restituirli, si sono presi il bar». Ma per Gravagna il bar di via Marchese di Villabianca non sarebbe l’unico «investimento» della coppia Di Giovanni-Coniglio. DAL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA. PER LEGGERE TUTTO ACQUISTA IL QUOTIDIANO O SCARICA LA VERSIONE DIGITALE  

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