ROMA. Totò Cuffaro esce del carcere. E torna uomo libero dopo quasi cinque anni. Un uomo "nuovo, cambiato, diverso": "È bello respirare la libertà", le sue prime parole. Con la politica ha chiuso, è ora di voltare pagina. Da domani 'Vasa Vasa', il politico da un milione di voti, per anni l'uomo più potente della Sicilia, si occuperà dei più deboli, dei detenuti, ed andrà in Africa come medico volontario. Intanto ancora una volta scaccia lontano da sè l'accusa di mafia: "Sono innocente. Ma ho pagato i miei errori. Contro la mafia sono andato a sbattere". L'ex governatore della Sicilia lascia il carcere di Rebibbia poco prima delle dieci. Riassapora i primi istanti di libertà da solo. Il figlio e il fratello Silvio lo aspettavano dall'ingresso principale ma Totò lo fanno uscire dall'Aula Bunker. Camicia bianca a righe celesti, maglioncino blu. Attende la sua famiglia nello slargo che affaccia su via di San Basilio. Accanto a lui diversi scatoloni: la corrispondenza in carcere, 14mila lettere. Si guarda attorno ma gli occhi li rivolge soprattutto al cielo. E' una mattinata rigida nella Capitale. Ma nonostante il freddo c'è il sole. "Ho visto questa luce che è come se stesse squarciando le tenebre di questi anni - racconta Cuffaro non appena varcati i cancelli - Un'impressione bellissima ma nello stesso tempo drammatica". Parla da uomo nuovo, di chi si vuole lasciare alle spalle il passato e in alcuni momenti trattiene a stento la commozione. "Non era semplice farcela tenendo sana la mente ed integro il cuore - prosegue - Il carcere non è un posto normale, ti toglie il fiato e tante altre cose però non è riuscito a togliermi l'amore della mia famiglia. E non mi ha impedito di amare la mia Sicilia e il nostro Paese". Nella sua nuova vita dice non ci sarà spazio per la politica. "E' un ricordo bellissimo - spiega - Ora ho altre priorità. Ho amato la politica e non rinnego nulla di ciò che ho fatto non mi sento tradito". Dopo poco meno di 1.800 giorni di carcere, una laurea in giurisprudenza quasi presa, è il momento di ricominciare. "Ho fatto degli errori, non mi voglio nascondere io li ho pagati, altri no", ci tiene a sottolineare Totò. La prima cosa che farà sarà quella di tornare in Sicilia per riabbracciare la madre - "Non mi hanno permesso di vederla". Poi si occuperà dei più deboli, dei detenuti. "Aiuterò chi sta in carcere e non se lo può permettere - annuncia - E andrò in Africa a fare il medico volontario nell'ospedale che ho fatto costruire quando ero presidente della Regione". Infine continuerà a scrivere libri. Ne ha già scritti tre. Il quarto sarà pubblicato a breve. Si intitolerà 'L'uomo è un mendicante che crede di essere un re' in cui racconterà "l'esperienza degli ultimi sei mesi di carcere". Oggi nel giorno di Santa Lucia, martire tanto cara ai siciliani, Cuffaro chiude i conti con la giustizia, grazie all'indulto di un anno per i reati "non ostativi" e lo sconto di 45 giorni ogni sei mesi per buona condotta. Una storia giudiziaria iniziata il 5 novembre 2003 con la scoperta di "talpe" negli uffici della Procura di Palermo. L'allora governatore viene individuato, attraverso intercettazioni, come un punto di snodo della rete delle talpe. Sarebbe stato lui il principale terminale delle fughe di notizie su indagini riservate. Il 2 novembre 2004 Cuffaro è rinviato a giudizio per favoreggiamento aggravato di Cosa nostra e rivelazione di segreti d'ufficio e il 18 gennaio 2008 viene condannato a 5 anni di reclusione. "Nella mia coscienza sono innocente - dice oggi Cuffaro - Sono andato a sbattere contro la mafia. Tornassi indietro metterei un airbag. Non l'ho mai favorita ma credo di averla sempre osteggiata". Si sente un po' come il pugile Rubin Carter. Accusato ingiustamente, "per qualcosa che non aveva mai fatto" cantava il menestrello del rock. "Ieri ho pianto come un bambino - confessa Totò - I detenuti mi hanno voluto salutare tutti insieme. Hanno fatto una cosa bellissima. In coro hanno cantato Hurricane di Bob Dylan per me. Mi ha sconvolto dentro".