MONZA. Filippo Penati e gli altri dieci imputati, tra cui una società, sono stati assolti dai giudici di Monza nel processo per il cosiddetto 'sistema Sestò. Le accuse erano, a vario titolo, corruzione e finanziamento illecito dei partiti. Applausi in aula al momento della lettura del dispositivo della sentenza.
I giudici del tribunale di Monza, presieduti da Giuseppe Airò, hanno assolto tutti gli 11 imputati, compresa la società Codelfa, o perchè il fatto non sussiste, o perchè non costituisce reato, sia con formula piena sia con la vecchia formula dubitativa. Inoltre hanno dichiarato il non doversi procedere per prescrizione per le vicende di concussione che riguardavano le presunte tangenti sulle ex aree Falck e Marelli, e cioè il cuore dell'indagine per il quale, peraltro, ci sono stati anche patteggiamenti.
La prescrizione riguarda i reati commessi fino all'autunno 2006 ed è intervenuta tempo fa per via della cosiddetta Legge Severino. Così i giudici, oltre a Penati, hanno assolto Bruno Binasco, ex manager del gruppo Gavio, l'architetto Renato Sarno, l'ex capo di gabinetto della Provincia di Milano, Giordano Vimercati, l'ex segretario generale di Palazzo Isimbardi, Antonino Princiotta, gli imprenditori Giuseppe Pasini e Piero Di Caterina, l'ex Ad di Milano Serravalle, Massimo Di Marco, e il manager della stessa società Gianlorenzo De Vincenzi. Per Penati la procura lo scorso luglio aveva chiesto quattro anni di carcere e per gli altri pene varianti da due anni e mezzo a un anno e quattro mesi e la confisca di 14 milioni di euro alla società Codelfa. I fatti contestati riguardano a vario
titolo tre episodi di corruzione e due di finanziamento illecito ai partiti.
«Con questa sentenza si è messa fine ad un'ingiustizia durata quattro anni e mezzo». Lo ha detto Filippo Penati, assolto oggi dal tribunale di Monza per il caso sul cosiddetto «sistema Sesto». «Esce pulita la mia immagine di amministratore ed è stata
restituita la mia onorabilità», ha aggiunto. «In questi quattro anni e mezzo - ha aggiunto Penati - ho soltanto avuto a cuore di ristabilire, davanti all'opinione pubblica, la mia onorabilità». L'ex capo della segreteria di Pierluigi Bersani ha precisato di non essere
un «corrotto» e di non aver «mai fatto nulla contro la pubblica amministrazione. Sono solo stato vittima di una grande ingiustizia e oggi gioisco». L'ex presidente della Provincia di Milano ha inoltre affermato di essere «estraneo al sistema Sesto, che non esiste.
Sulla vicenda Milano-Serravalle - ha proseguito - non ho mai fatto alcun atto illecito. Esce pulita anche la mia immagine di amministratore. È stata una vittoria sofferta».
A chi però gli ha fatto notare che il nucleo dell'indagine, quello che riguarda le presunte tangenti legate alle ex aree Falck e Marelli, è andato prescritto, Penati ha risposto: «Questa parte è entrata nel processo e io ho già denunciato l'imprenditore Pasini, che dovrà risponderne in tribunale, e prossimamente farò altrettanto con Di Caterina. Io non ho costretto nessuno - ha continuato - nè sono stato corrotto e la vicenda dei prestiti è stata una bufala per coprire problemi propri».
Alla domanda se tornerà in politica, l'ex sindaco di Sesto San Giovanni ha risposto: «Un problema al giorno. Questa vicenda mi ha profondamente segnato. La politica rimane una grande passione ma adesso non voglio prendere alcuna decisione». «Non credo si possa sostenere che il sistema Sesto non esistesse». Lo ha detto il pm di Monza, Franca Macchia, che ha sostenuto l'accusa nel processo in cui oggi il tribunale di Monza ha mandato assolti Filippo Penati e gli altri 10 imputati.
Il pm, nel sostenere ciò, si è riferita al fatto che gli imputati sono anche in parte stati assolti con formula dubitativa e che il nucleo principale dell'indagine, quello relativo alle maxi-tangenti in cambio di permessi edilizi in aree ex Falck e Marelli, è stato «sfasciato» con la prescrizione intervenuta per via della cosiddetta Legge Severino. Cosa che secondo la procura «ha reso più difficile il resto». Il pm ha anche affermato che si riserverà di leggere le motivazioni dei giudici (saranno pronte in 90 giorni) per poi valutare se impugnare o meno.
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