Con l' apertura della porta santa comincia, oggi, il Giubileo indetto da papa Francesco e dedicato al tema della misericordia. Forse non è superfluo ricordare il significato del termine «Giubileo». La sua origine è nella tradizione ebraica in cui, ogni 50 anni, si celebrava un anno di riposo della terra, la restituzione dei terreni ai loro originari proprietari, che per bisogno avevano dovuto venderli, e la liberazione degli schiavi. Era, insomma, un periodo di remissione dei debiti e di azzeramento delle disuguaglianze accumulatesi nel tempo. Per segnalare l' inizio di questo tempo si suonava un corno di ariete, in ebraico jobel, da dove il nome «Giubileo». La Chiesa, a partire dal 1300, ha ripreso questa antica tradizione (ultimamente, con la cadenza di uno ogni 25 anni), applicando ai debiti spirituali, dunque ai peccati commessi, questa opportunità di averli rimessi. Sempre, dunque, il Giubileo ha avuto a che fare con la misericordia. Ma questo, indetto in via straordinaria dall'attuale pontefice, lo è in modo particolare, perché il tema della misericordia ha nel suo magistero un posto privilegiato: «È giunto di nuovo per la Chiesa», egli ha scritto nel documento con cui lo indiceva, «il tempo di farsi carico dell' annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all'essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli». Di questa disponibilità accogliente è simbolo eloquente l'apertura, oggi, della Porta Santa. Una porta che, nel suo senso più profondo, è Gesù stesso nel suo atto di condurre persone ferite e sbandate alla salvezza. Perché nel Vangelo la misericordia, a differenza della semplice pietà, non consiste nel commiserare, ma nell'aiutare l'altro a rialzarsi additandogli nuove prospettive, aprendogli porte. Noi oggi spesso sperimentiamo il dramma di trovarsi dietro a porte chiuse. In un racconto di Kafka - uno degli scrittori che più efficacemente hanno rappresentato la problematica dell'umanità contemporanea - si parla di un uomo che si reca al Palazzo di Giustizia ma, quando si presenta alla porta, si vede sbarrata la strada da un guardiano che gli comanda di attendere e che lo avverte di non illudersi di poter entrare malgrado il suo di vieto, perché dentro, all'ingresso di ogni sala, ci sono altri guardiani, tutti più severi e temibili di lui. Passano i giorni, le settimane, che diventano mesi, anni.