PALERMO. Due summit di mafia per spartirsi il territorio e gestire le estorsioni. Uno allo Zen, il secondo in un magazzino di via Bergamo, traversa di via Oreto. E ad avere un ruolo centrale sarebbe stato sempre Salvatore Profeta, l’anziano boss della Guadagna riconosciuto come capo anche dagli esponenti delle altre cosche.
In periferia e nel centro storico, Cosa nostra appare dunque più viva che mai, pronta a mobilitare uomini e mezzi per parlare e fare affari. I due vertici vengono descritti nei dettagli nell’ordinanza di custodia del gip Alessia Geraci che ha spedito in carcere vecchie e nuove leve della cosca della Guadagna. La squadra mobile ha ricostruito partecipanti e modalità, con intercettazioni ambientali e appostamenti. Filmando i picciotti che pattugliavano la zona in cerca di «sbirri» (testuale).
Il pranzo allo Zen È saltato fuori ascoltando una conversazione in casa di Profeta, imbottita di microspie. È sabato 22 settembre 2012, il capomafia era stato scarcerato 9 mesi prima, dopo 10 anni di carcere scontati ingiustamente per la strage Borsellino. Ma ora è tornato in attività.
«L’intercettazione della conversazione presso l’abitazione di Profeta - scrive il giudice -, permetteva di acquisire elementi riguardo ad un pranzo a cui Francesco Pedalino e Antonino Profeta (genero e figlio del boss), avevano partecipato allo Zen, ove erano convenuti picciotti di tutte le zone». La partecipazione di Pedalino e Profeta junior, fanno notare gli inquirenti, non è affatto casuale. «I soggetti convenuti - si legge -, avevano riconosciuto il ruolo di leader alla Guadagna di Salvatore Profeta. ”Allo Zen dice che gli hanno detto, comandi tu”».
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