Domenica 17 Novembre 2024

Omicidio di Elena Ceste, il marito condannato a 30 anni

ASTI. Trent'anni, la pena più alta. Il tribunale di Asti mette un primo punto fermo nel caso di Elena Ceste. Per il giudice Roberto Amerio è stato il marito, Michele Buoninconti, a ucciderla e a occultarne il cadavere. Il verdetto  a porte chiuse, al termine del processo con rito abbreviato, dopo oltre tre ore di camera di consiglio. «Sono più di nove mesi che mi trovo in carcere accusato di un infamante omicidio che non ho commesso, le chiedo di porre fine a questo strazio per i miei figli», l'appello caduto nel vuoto dell'imputato, che dopo la sentenza annuncia l'intenzione - attraverso l'avvocato Giuseppe Marazzita - di continuare la sua «battaglia». Sono passate da poco le 17:30 quando nell'aula 1 del tribunale di Asti viene letta la sentenza e i genitori di Elena Ceste, Lucia e Franco, scoppiano a piangere. Il giudice Amerio, che negli ultimi quattro mesi ha condotto le udienze, accoglie  la tesi dell'accusa, che aveva appunto chiesto trent'anni per il vigile del fuoco. Per il tribunale è stato lui ad uccidere la  moglie, madre dei suoi quattro figli, ritrovata senza vita soltanto nove mesi dopo. Un delitto, come si legge nelle carte dell'indagine, provocato dall'odio verso quella moglie «inadeguata» e «infedele», che bisognava «raddrizzare». «La mia vita è ormai un libro aperto e non c'è nulla di cui  io non vada orgoglioso, ho solo il rimorso di non aver capito l'entità del disagio psichico di mia moglie», ha invece ribadito Buoninconti. Che, in aula, ha letto un documento di cinque  pagine per respingere l'accostamento a Misseri e Parolisi - «nulla mi accomuna a questi due signori» - e negare che la  moglie sia stata uccisa - «non c'è alcuna certezza e la procura non può provarlo». Poi la lettura di un passo della Bibbia, la  storia dell'Antico Testamento di Susanna, ingiustamente accusata  di un delitto, nell'estremo tentativo di evitare la condanna. Soddisfatti per la sentenza i legali della famiglia, Debora Abate Zaro e Carlo Tabbia. «I genitori di Elena sono contenti,  ma hanno la delusione nel cuore perchè la figlia è morta per mano del genero Michele - dicono gli avvocati -. Sono molto  provati e hanno pianto, sia per la figlia che per i quattro  nipoti che li stanno aspettando a casa». A loro il giudice ha riconosciuto un risarcimento di 300 mila euro ciascuno; si  aggiungono ai 180 mila euro di risarcimento per i genitori e la sorella e ai 50 mila per il cognato, che si erano tutti costituiti parte civile nel processo. «Buoninconti rivendica la sua innocenza, continuerò la sua  battaglia», dichiara a caldo l'avvocato Marazzita. Che descriveil suo assistito come «ancora innamorato della moglie» e  «sofferente per il distacco dai figli», di cui nei mesi scorsi ha perso la patria potestà. «Tra novanta giorni leggeremo le  motivazioni della sentenza e valuteremo come impostare il ricorso. Andremo in Appello e, se necessario, in Cassazione»,  conclude, mentre l'uxoricida dribbla i giornalisti, scortato dalla polizia penitenziaria, per fare ritorno al carcere di Verbania.

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