PALERMO. Inseguirono un commerciante per strada e gli dissero: se non paghi ti finisce male. Un altro lo costrinsero a versare la mazzetta al capomafia di Altavilla, perchè «doveva garantirsi». Storie di racket, che fino a qualche tempo fa sarebbero rimaste segrete per sempre. Ora le vittime finalmente parlano, perfino in un antico feudo di mafia come Bagheria.
Le dichiarazioni dei commercianti spremuti dalla cosca riempiono quasi la metà delle 600 pagine dell’ordine di custodia firmato dal gip Ettorina Contino contro 22 presunti mafiosi ed estorsori. Una ribellione che si è allargata a macchia d’olio a partire dal 2014 quando scattò la prima operazione Reset e finirono in carcere vecchie e nuove leve del mandamento di Bagheria. Poi si è pentito Vincenzo Gennaro, mafioso di Altavilla, che a proposito di estorsioni sembra saperla lunga. La sua collaborazione, e gli arresti dei complici, hanno costituito un segnale importante per tanti esercenti che davanti ai carabinieri non si sono tirati indietro ed hanno raccontato le loro disavventure. Come quella del costruttore Francesco Imburgia che pagò una maxitangente da 12 mila euro.
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