NEW YORK. Ad accogliere papa Francesco in aula è una standing ovation. Ed è solo la prima. Tra gli applausi e l'emozione palpabile delle grandi occasioni è caloroso il benvenuto del Congresso americano che per la prima volta assiste in sessione plenaria all'intervento di un pontefice, mentre il tocco del Papa resta lieve ma è incisivo, diplomatico ma dritto al punto, nell'affrontare uno per uno quei temi che sono oggetto di battaglia quotidiana a Capitol Hill, la collina della politica di questi tempi particolarmente polarizzata e divisa quasi su tutto. Per questo spicca l'appello di Francesco alla collaborazione in nome del bene comune. E se le sue posizioni sono note, la sua vicinanza a quella 'sinistrà dell'aula che su alcune parti del discorso lo applaude con più vigore è confermata, il Congresso riunito mostra il rispetto e la gratitudine riservata al leader globale, alla guida morale. Pur non mancando gli imbarazzi. Il più evidente quando il Papa chiede al popolo americano, nella sua sede più rappresentativa, l'abolizione della pena di morte. Un tema ancora tabù che nemmeno Obama ha mai affrontato con audacia, ma su cui Francesco si esprime senza orpelli e l'aula, altrimenti entusiasta, resta silenziosa. Così papa Francesco ancora una volta traccia un solco storico: mentre in America è braccio di ferro sulla riforma dell'immigrazione lui fa appello all'accoglienza. Mentre c'è chi non ritiene necessario occuparsi di cambiamenti climatici, lui esorta gli Stati Uniti a fare la loro parte per la «terra come casa comune», parla poi di difesa della vita in tutte le sue fasi nella stessa aula in cui su regole e restrizioni si vota a più riprese. E quando ricorda il ruolo centrale della famiglia nello sviluppo della società americana è una nuova ovazione. Perchè lo fa parlando comunque all'America del «sogno», di Abraham Lincoln e di Martin Luther King, riconoscendo la «terra dei liberi e dei valorosi». La risposta sono applausi bipartisan, fino a far alzare in piedi tutta l'aula quando ricorda la regola d'orò: «Non fare ad altri quello che non vuoi sia fatto a te». Lascià così il segno nel tempio della democrazia americana e nel pieno svolgimento dei suoi riti (in aula tutte le massime cariche schierate), mentre Washington guarda già ad un avvicendamento alla Casa Bianca. Ad ascoltarlo in aula oggi c'erano almeno tre aspiranti presidenti: il senatore democratico Bernie Sanders -che via twitter poi plaude alla denuncia del Papa per l'ineguaglianza economica nel mondo- i repubblicani Marco Rubio e Ted Cruz, mentre l'intervento del Papa è stato seguito con attenzione anche dalla candidata democratica Hillary Clinton («Grazie papa. Abbiamo molto da fare», twitta) e il repubblicano e cattolico Jeb Bush che ha apprezzato l'appello a lavorare insieme per il bene comune. Ma a gettare benzina sul fuoco è ancora Donald Trump, andando ancora al contrattacco sull'immigrazione: «Belle parole quelle del papa ma io non sono d'accordo».