PALERMO. Per mantenere in vita Bernardo Provenzano, l'ex 'primula rossa' di Cosa Nostra, è necessario che prosegua il suo ricovero nell'isolamento del 41bis nella camera di sicurezza allestita per lui all'ospedale San Paolo di Milano che ha un reparto per i detenuti. Se l'anziano boss venisse collocato in un reparto ospedaliero comune, la sua sopravvivenza sarebbe a "rischio", per la "promiscuità" dell'ambiente e le cure meno dedicate. Lo sottolinea la Cassazione che, nella sentenza 38813 depositata oggi e relativa all'udienza svoltasi il nove giugno, ha confermato il regime duro. Le patologie di cui soffre Provenzano - condannato a più ergastoli - sono "plurime e gravi di tipo invalidante", rileva la Cassazione, accennando al grave decadimento cognitivo e motorio, ai postumi di varie operazioni, a diversi altri mali. A fronte di questa situazione, la difesa di Provenzano ha fatto ricorso alla Suprema Corte contro il ricovero in regime duro - convalidato dal Tribunale di sorveglianza di Milano - chiedendo che l' uomo di 83 anni, che ormai giace sempre "allettato", sia spostato ai domiciliari in un reparto di lungodegenza dello stesso San Paolo, dove c'e' un settore per curare i detenuti 'ordinari'. Ad avviso della difesa, Provenzano "non è più in grado, nè fisicamente, nè mentalmente, di percepire l'espiazione di alcuna pena", tanto che il figlio Angelo è stato nominato suo amministratore di sostegno. Ma la Cassazione ha obiettato, seguendo il verdetto di merito, che Provenzano "risponde alle terapie". Questo significa che il "peculiare regime" è compatibile "con le pur gravi condizioni di salute" e poi - aggiunge la Suprema Corte - c'è il "rischio per la stessa possibilità di sopravvivenza del detenuto" se "la prosecuzione della sua degenza" avvenisse "nel meno rigoroso regime della detenzione domiciliare", perchè avverrebbe "in un contesto di promiscuità in cui l'assistenza sanitaria non gli potrebbe essere assicurata con altrettanta efficacia". In conclusione, per i supremi giudici è corretta la decisione del Tribunale "fondamentalmente incentrata sulla necessità di tutelare in modo adeguato il diritto alla salute del detenuto". Dunque, l'applicazione del 41bis per Provenzano non appare più motivata in considerazione della sua pericolosità, nè del rischio di contatti con l'esterno. Il regime duro, tradendo la sua originaria finalità, sarebbe diventato, a quanto pare, una modalità necessaria alla vita dell'uomo che per per decenni è stato in cima alla lista dei ricercati e che ora è solo un essere inerte e incosciente.