L'AVANA. Non si servono le ideologie, ma le persone. In un luogo altamente simbolico per Cuba come la Plaza de la Revolucion, gremita oggi per la messa del Papa da una folla di oltre mezzo milione di persone, Francesco ha rinnovato il suo richiamo a «prendersi cura» degli ultimi, ma con una connotazione particolare per l'isola comunista. Il «servizio» agli altri, da lui invocato nell'omelia, «non è mai ideologico - ha sottolineato -, dal momento che non serve idee, ma persone». Dopo la messa Francesco ha incontrato Fidel Castro, nella residenza dell'anziano leader della rivoluzione cubana. L'incontro è durati 40 minuti ed è terminato con uno scambio di libri in dono. All'ombra dei grandi ritratti murali di Che Guevara e dell'altro leader rivoluzionario Camilo Cienfuegos - il Papa invece compare con un'immagine in cui è ritratta anche Madre Teresa e con la scritta «Misionero de la misericordia» - e nella stessa piazza in cui celebrarono Giovanni Paolo II nel 1998 e Benedetto XVI nel 2012, Francesco ha incentrato tutta la sua omelia sull'attenzione verso la parte più «fragile» della società. Evitando sempre che gli altri diventino uno strumento. «Chi vuole essere grande, serva gli altri, e non si serva degli altri!», dice chiaramente, mentre «la vita autentica si vive nell'impegno concreto con il prossimo». Per il Pontefice, inoltre, «servire significa, in gran parte, avere cura della fragilità». «Avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo - è la sua esortazione -. Sono i volti sofferenti, indifesi e afflitti che Gesù propone di guardare e invita concretamente ad amare. Amore che si concretizza in azioni e decisioni. Amore che si manifesta nei differenti compiti che come cittadini siamo chiamati a svolgere». E questo perchè, secondo Francesco, «essere cristiano comporta servire la dignità dei fratelli, lottare per la dignità dei fratelli e vivere per la dignità dei fratelli». Il cristiano, in altre parole, «è sempre invitato a mettere da parte le sue esigenze, aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti allo sguardo concreto dei più fragili». Per il Papa - questo un suo forte richiamo -, «la grandezza di un popolo, di una nazione; la grandezza di una persona si basa sempre su come serve la fragilità dei suoi fratelli». Ad ascoltare Francesco, in prima fila tra la folla dei fedeli, oltre al presidente Raul Castro, che il Papa incontrerà nel pomeriggio al Palazzo della Presidenza (pressochè sicuro oggi anche un incontro con l'anziano 'lider maximò Fidel), anche la presidente argentina Cristina Fernandez de Kirchner, con cui scambia una cordiale stretta di mano a fine messa. E dopo il saluto finale del cardinale dell'Avana Jaime Ortega (unico arcivescovo di una capitale ad aver ricevuto tre Papi) che ringrazia Bergoglio per aver favorito la distensione con gli Stati Uniti e fa appello anche alla riconciliazione tra tutti i cubani, quelli che stanno nell'isola e gli altri fuori dai suoi confini, all'Angelus Francesco esorta a «vedere Gesù in ogni uomo sfinito sulla strada della vita; in ogni fratello affamato o assetato, che è spogliato o in carcere o malato». E soprattutto, dopo le voci della vigilia su un suo possibile incontro con rappresentanti delle Farc presenti a Cuba, pronuncia un forte appello per la pacificazione in Colombia. «Che il sangue versato da migliaia di innocenti durante tanti decenni di conflitto armato, unito a quello di Gesù Cristo sulla Croce, sostenga tutti gli sforzi che si stanno facendo, anche in questa bella Isola, per una definitiva riconciliazione», dice il Pontefice. «Per favore - aggiunge -, non possiamo permetterci un altro fallimento in questo cammino di pace e riconciliazione». E su questo ringrazia espressamente Raul Castro per aver promosso e ospitato il negoziato: «Grazie a lei, signor presidente, per tutto ciò che fa in questo lavoro di riconciliazione».