Sabato 16 Novembre 2024

Salta l'accordo nell'Ue: il no dei Paesi dell'Est e l'Ungheria chiude le frontiere

BRUXELLES. I falchi dei Paesi dell'Est spaccano l'Europa sui 120mila profughi da ricollocare. C'è «un accordo di principio» sostenuto da una larga maggioranza di Stati, ma nonostante i ripetuti tentativi, non è stato possibile trovare l'unanimità. Tutto è rimandato alla nuova riunione dei ministri dell'8 ottobre, quando di fronte a mali estremi, si andrà avanti con la maggioranza qualificata. Intanto i 28 hanno dato il via libera formale per l'avvio della 'fase 2' della missione navale EuNavFor Med che prevede l'uso della forza contro gli scafisti nel Mediterraneo. Nonostante si sia annacquato più volte il testo dell'accordo per ottenere il via libera di tutti i 28, trasformando «l'impegno» a ricollocare in un «accordo di principio» a farlo, alla «volontà» di farlo. Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, e Romania hanno continuato a mettersi di traverso durante tutto l'incontro. Budapest ha guidato il gruppo dei 'ribelli', ribadendo di voler essere cancellata anche dalla lista dei Paesi beneficiari, in cui figura assieme a Grecia e Italia. Il ministro slovacco Robert Kalinek è arrivato al vertice insistendo che «le quote non sono la soluzione» e nelle stesse ore la premier polacca Ewa Kopacz ha ribadito la stessa linea, anche se il suo ministro ha dimostrato alcune aperture durante il vertice. A chiare lettere è emerso anche che il trattato di Schengen è in gioco in questa partita, indebolito ulteriormente dopo che Vienna e Bratislava hanno espresso l'intenzione di seguire l'esempio di Berlino e ripristinare i controlli alle frontiere, minacciando così di scatenare un 'effetto dominò che potrebbe peggiorare la già complicata situazione nel Vecchio continente. La Polonia sta valutando cosa fare al riguardo, e anche il ministro francese Bernard Cazeneuve minaccia di percorrere quella strada se le cose con l'Italia non dovessero funzionare. Intanto, col via libera di oggi al primo schema di 40mila ricollocamenti (26mila dall'Italia e 14mila dalla Grecia) si costituisce la base legale per l'avvio dell'approccio 'hotspot', centri di smistamento per distinguere i profughi dai migranti economici. E proprio questi ultimi dovrebbero essere trattenuti in Italia e Grecia, in centri attrezzati regolati da una «certa severità», come spiega il ministro dell'Interno Angelino Alfano, in attesa del rimpatrio. Il titolare del Viminale chiede però l'applicazione degli hotspot in modo graduale, in parallelo ai ricollocamenti, ma soprattutto condizionata «al funzionamento dei rimpatri», che devono essere «gestiti da Frontex» con «risorse comunitarie» e sotto la responsabilità europea. D'altra parte l'Ue è arrivata già spaccata alla riunione dei ministri. Nonostante i molti aggiustamenti per consentire al maggior numero possibile di Paesi di dare un ok ai principi generali, gli ambasciatori dei 28 non sono riusciti a mettersi d'accordo sulla bozza di conclusioni, lasciando alla politica la ricerca di una soluzione. Nonostante il 'murò dell'Est però, i numeri per una maggioranza qualificata ci sono e sebbene, vista la delicatezza della questione, si tenda a considerarla l'ultima spiaggia, l'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini non l'ha esclusa. «Non spetta a me decidere - afferma - ma non vedo perchè no».  Francia e Germania insistono, per bocca dei ministri Cazeneuve e de Maiziere, su hotspot e rimpatri. Vogliono garanzie sulla piena applicazione del binomio «responsabilità-solidarietà». Per questo chiedono «precisazioni» e date sulla messa in pratica del progetto.

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