PALERMO. Silvana Saguto, presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo, fa un passo indietro. L'indagine che l'ha travolta, assieme ai suoi familiari (padre, marito e figlio), l'ha portata a lasciare l'incarico. Il magistrato è accusato dalla Procura di Caltanissetta di corruzione, induzione e abuso d'ufficio. Stessi reati contestati all'avvocato Gaetano Cappellano Seminara, titolare di uno studio a cui è affidata la gestione di diverse aziende sequestrate, e al marito del giudice, l'ingegnere Lorenzo Caramma, che in passato avrebbe avuto rapporti di consulenza con il legale con parcelle che negli anni hanno raggiunto i 750 mila euro. Sono indagati anche il padre di Silvana Saguto e uno dei figli. «Prendo atto - dice il presidente del Tribunale, Salvatore Di Vitale, in una nota - della disponibilità della dottoressa Saguto a essere destinata ad altra sezione del Tribunale. Questa determinazione intende tempestivamente garantire la continuità e la piena funzionalità di un organo giudicante, da anni centrale nella strategia di contrasto dello Stato alla criminalità mafiosa». Era stato proprio Di Vitale, all'indomani del suo insediamento a maggio scorso, a chiedere tutti gli atti alla sezione Misure di prevenzione per fare luce su una vicenda finita al centro del clamore mediatico per l'alta percentuale di incarichi a Cappellano Seminara come amministratore giudiziario dei beni sequestrati. «Il provvedimento mira anche ad agevolare i doverosi accertamenti in corso - spiega ancora Di Vitale - che potranno svolgersi in un clima di serenità idoneo a favorire più dettagliati approfondimenti». Il giudice Saguto ha respinto ogni accusa e ha già chiesto ai magistrati di Caltanissetta di essere interrogata «al più presto per dimostrare la mia estraneità ai fatti contestati». Una vicenda che a Palermo ha causato malumori, soprattutto da parte dei possibili amministratori giudiziari che restavano fuori dal giro, e di cui ha parlato nel gennaio 2014 il prefetto Giuseppe Caruso, a quel tempo direttore dell'Agenzia dei beni confiscati, che gestisce un patrimonio di circa 30 miliardi di euro con beni (mille aziende e oltre settemila immobili) distribuiti in tutta Italia: il 43% di questo immenso patrimonio si trova in Sicilia in gran parte concentrato in provincia di Palermo. La dimensione del fenomeno e degli interessi in gioco hanno esposto il giudice Saguto al rischio di rappresaglie. Nei mesi scorsi era stato intercettato un piano per uccidere lei e il procuratore di Agrigento, Renato Di Natale. A Saguto era stata così rafforzata la scorta e assegnata una nuova auto blindata.