Annamaria Cossiga: «L’islam in guerra causa dell’esodo, vedo campi profughi in tutta Europa»
«Ci troviamo di fronte a un esodo quasi biblico, praticamente impossibile da fermare. Non si può sempre e solo parlare di emergenza, dobbiamo attrezzarci. Io vedo, purtroppo, campi-profughi sparsi in tutta Europa». Annamaria Cossiga, docente di Geografia politica alla «Link Campus University» di Roma, non nasconde amarezza e pessimismo. Figlia dell’ex presidente della Repubblica, la studiosa aggiunge: «Questi sbarchi sono ormai giornalieri. Sono stata accusata di buonismo, ma non vedo altra via che prepararsi ad accogliere queste persone in fuga da guerre e orrori. Serve un piano. Che, però, manca!». Solo la scorsa notte, nel Canale di Sicilia sono state lanciate richieste di soccorso da 23 «scafi della disperazione». In Europa, intanto, si alzano barriere anti-immigrazione. Dopo Ventimiglia e Calais, ai confini francesi con Italia e Inghilterra, ora il «muro» tra Grecia e Macedonia. Scelte obbligate? «No. La risposta a questa situazione non dovrebbero essere i muri. Certo, io parlo facilmente perchè non sono una delle persone che deve trovare rimedi. Chi ha potere decisionale in Europa, però, dovrebbe sedersi seriamente attorno a un tavolo per rispondere, innanzitutto, alla domanda su cosa dobbiamo fare con queste persone. Vogliamo sparargli addosso, come succede ai confini tra Stati Uniti e Messico? Non è una soluzione, anche se capisco che non è facile individuarne. Ad esempio, si dice che sarebbe necessario agire nei Paesi di origine dei migranti. Ma come?». La UE, intanto, non sembra riuscire a spingersi oltre le quote-migranti, peraltro criticate per quantità e metodo. Molto rumore per nulla? «Spesso, è caratteristico dell’Unione Europea come dell’Onu il molto rumore per nulla. Non prendono decisioni, o ne trovano di inadeguate. Io ho lavorato molti anni fa alle Nazioni Unite e mi colpiva il tempo che passavano a parlare, a decidere cosa mettere nei documenti, a dove inserire una virgola. Capisco che questa è una vicenda senza precedenti, ma in qualche modo una soluzione va trovata. Mi ha fatto molta impressione, peraltro, sentire Inghilterra e Francia chiedere l’intervento dell’Europa quando hanno avuto problemi, mentre poco tempo prima la Francia aveva bloccato le frontiere con l’Italia. Non si deve aspettare che i problemi ti assalgano per, poi, affrontarli!». Altro annuncio comunitario, finora senza seguito concreto: l'operazione navale «Eunavfor Med». Niente pattugliamento del Mediterraneo, né tantomeno guerra ai boss dei barconi? «Il punto è proprio questo: continuiamo a parlare! S’è discusso tanto di questo intervento in Libia, ma adesso qualcosa facciamola. I migranti, intanto, continueranno ad arrivare e noi dovremo affrontare problemi crescenti. Ho paura che possano succedere sempre più frequentemente episodi come quello avvenuto poco tempo fa alla stazione Tiburtina di Roma. Insomma, il problema umanitario può diventare una questione di ordine pubblico». Maurizio Ambrosini ha dichiarato in un'intervista al Giornale di Sicilia che «parliamo di emergenza, perchè in questi anni non ci siamo dotati di strutture e capacità di gestione adeguate ad affrontare il fenomeno». È proprio così? «Credo che abbia ragione. Sembra che ormai si sappia solo affrontare quali emergenze sia i problemi su scala elevata, come questa delle migrazioni, sia questioni minori che hanno rilievo nazionale o locale. Siamo sempre lì a cercare soluzioni di breve periodo, invece servono progetti di lungo termine». Giovedì in Marocco ripartiranno i negoziati di pace sotto egida delle Nazioni Unite. Con i governi di Tobruk e Tripoli, ben ventiquattro clan tribali e fazioni al tavolo delle trattative: missione impossibile, l'intesa per un esecutivo di unità nazionale? «Temo, intanto, che gli sbarchi non finiranno anche se sarà individuata una formula di pacificazione per la Libia. Non capisco, peraltro, come vogliano risolvere il problema. Mi viene da dire: povero Bernardino Leon! Con tutta la frammentazione in Libia, considerata anche la presenza dell’Isis, sarà ben difficile per il negoziatore dell’Onu trovare una mediazione. Abbiamo tutti sotto gli occhi, d’altronde, cos’è avvenuto in Iraq e Siria. Un tentativo, però, va fatto anche intestardendosi a cercare il dialogo». A spingere verso un accordo, le inquietanti notizie sui massacri commessi a Sirte da gruppi jihadisti nemici. Il Nord Africa potrà mai trovare tregua e stabilità se i soli tunisini arruolati da Isis e altre milizie, stando a un rapporto dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani, sono più di 5 mila? «Sono veramente d’accordo con chi, parlando dell’Isis, afferma che esiste un problema profondo all’interno dell’Islam. Si stanno scontrando le fratture che esistono nel mondo musulmano e gli orrori sono all’ordine del giorno. Sembra assurdo provare a farli dialogare, ma almeno bisogna tentare».