TARANTO. Ad uccidere Sarah Scazzi, il 26 agosto di cinque anni fa, furono la zia Cosima Serrano e sua figlia Sabrina Misseri, cugina della vittima quindicenne: lo ha ribadito stasera la Corte di assise di appello di Taranto, dopo oltre tre giorni di camera di consiglio. Furono le due donne, anche per i giudici di secondo grado, a strangolare nella loro casa Sarah, e insieme a Michele Misseri, (condanna ad otto anni confermata per soppressione di cadavere) ad eliminarne il corpo, che fu trovato dopo 42 giorni in un pozzo-cisterna in contrada Mosca, nelle campagne di Avetrana (Taranto). Il dispositivo della sentenza è stato letto dalla presidente della Corte, Patrizia Sinisi (a latere Susanna De Felice più i sei giudici popolari) poco prima delle 20.30. Nessuna reazione dalla gabbia a vetro in cui c'erano Cosima e Sabrina, nessun cenno da parte di Michele Misseri, che sedeva tra i banchi accanto al suo legale. In aula non c'era nessun esponente della famiglia Scazzi: mamma Concetta ha atteso a casa di conoscere il verdetto, suo marito Giacomo e il figlio Claudio sono nel nord Italia per lavoro. Reazioni invece della gente all'uscita di Michele Misseri, padre di Sabrina e marito di Cosima. Dai balconi qualcuno ha urlato 'Assassino', mentre epiteti sono stati uditi quando il furgone blindato con a bordo Cosima e Sabrina ha lasciato la sede della Corte di appello. I giudici hanno comunque parzialmente riformato la sentenza di primo grado per alcuni imputati di reati minori. Assolti, perchè il fatto non sussiste, Antonio Colazzo e Cosima Prudenzano, che il 20 aprile 2013 erano stati condannati ad un anno di reclusione per favoreggiamento personale; confermata invece la condanna ad un anno e quattro mesi per Giuseppe Nigro, imputato per lo stesso reato. La Corte ha inoltre rideterminato, riducendola, la pena per altri due imputati: un anno e quattro mesi a Vito Russo Junior, ex legale di Sabrina Misseri (due anni in primo grado per favoreggiamento personale), cinque anni e 11 mesi a Carmine Misseri, fratello di Michele (sei anni in primo grado per soppressione di cadavere). Sospesi per 90 giorni, il tempo per depositare i motivi della sentenza, i termini di custodia cautelare nei confronti di Cosima e Sabrina. Soddisfazione da parte della pubblica accusa, secondo la quale ha retto l'impianto accusatorio. Delusione nel collegio difensivo dei principali imputati, che ha annunciato ricorso in Cassazione. Non è servito dunque a Cosima il cambio di strategia difensiva dinanzi alla Corte di assise di appello. In primo grado si era avvalsa della facoltà di non rispondere, rimanendo ad ascoltare senza battere ciglio il dibattimento in aula. Dinanzi alla Corte di assise di appello, invece, il 27 febbraio scorso aveva reso dichiarazioni spontanee. Per 75 minuti, stringendo in mano un foglio sul quale però non aveva rivolto quasi mai lo sguardo, aveva difeso con vigore se stessa e la figlia Sabrina, piangendo per qualche attimo. «Sono passati 2015 anni - disse - e Gesù venne condannato dal popolo. Se allora tutti vogliono che siamo condannate ... Oggi tutti i giorni vengono condannati degli innocenti». Tutt'altro atteggiamento quello di Sabrina, che in primo grado era stata interrogata a lungo difendendosi spesso tra le lacrime dalle pesanti accuse e respingendo l'idea che fosse arrivata ad odiare la cuginetta per la gelosia nei confronti dell'amico comune, Ivano Russo. Il 12 giugno scorso, nella stessa aula, Sabrina riuscì solo a dire «Non l'ho uccisa, so io quanto sono addolorata» per poi scoppiare a piangere senza riuscire più a parlare. Difese accorate che non hanno scalfito neppure la convinzione dei giudici di secondo grado: furono loro a strappare alla vita la giovanissima Sarah.