È un racket che gestisce in modo monopolistico il trasporto dell'ortofrutta d' Italia, in una grossa fetta dal Lazio alla Sicilia. Chi vuole lavorare deve pagare i clan per ogni viaggio, un pizzo che comporta inevitabilmente un aumento del costo della merce a tutto svantaggio dei consumatori».
A parlare è il colonnello Renato Chicoli, capocentro della Direzione investigativa antimafia di Roma, profondo conoscitore delle dinamiche mafiose nei principali mercati della frutta e della verdura. A cominciare da quello di Fondi, in provincia di Latina, uno dei terminali del ricco business.
Colonnello Chicoli, sembra che i clan di diverse regioni del Sud abbiano trovato un accordo per gestire in grande stile l'affare dei trasporti. Come stanno le cose?
«Le varie indagini che sono state condotte negli ultimi anni hanno disvelato un sistema di infiltrazione mafiosa: Cosa nostra, 'ndrangheta e casalesi hanno imposto il monopolio dei trasporti per il Sud ma anche per il Nord. E nonostante inchieste e arresti, le cosche si sono riorganizzate affidandosi a nuovi personaggi e a nuove ditte per continuare a fare milioni a palate. Il mercato dell' ortofrutta è molto ricco e ogni Tir che raggiunge una destinazione scarica eri parte con un nuovo carico. Le rotte vengono monopolizzate. La criminalità organizzata utilizza ditte di propria emanazione o i cosiddetti padroncini, che per ogni viaggio sono costretti a pagare una "provvigione", un pizzo che oscilla tra i 300 e i 400 euro. La cifra imposta è di 5 euro a bancale caricato. C' è un' agenzia mafiosa che decide chi far lavorare».
Un'estorsione a tutti gli effetti. E un sistema che altera le regole del libero mercato. Quali sono le conseguenze per i consumatori?
«È di tutta evidenza che se il costo del trasporto lievita a causa del pizzo imposto ai camionisti anche il prezzo di frutta e verdura è destinato ad aumentare. L' ultima indagine ha preso in esame in parti colar modo il mercato di Giugliano e abbiamo calcolato che la situazione di monopolio nell' autotrasporto, con l' eliminazione della concorrenza attraverso minacce ed intimidazioni, ha determinato un aumento del 15 per cento dei prezzi dei prodotti agricoli commercializzati. Il cartello creato dalle cosche turba profondamente il mercato, dove vengono meno le regole della libera concorrenza, e crea costi aggiuntivi per i cittadini. Con l' ultima inchiesta crediamo di avere dato un ulteriore colpo all' organizzazione che gestisce l' affare. Adesso ci auguriamo che ci siano le condizioni per dare impulso all' affermarsi di un sistema improntato alla legalità».
Sul mercato dell' ortofrutta si concentrano interessi milionari, avete calcolato il giro d'affari?
«È un settore dell' economia che smuove svariati milioni di euro al giorno. Un mercato che fa gola alle mafie. Abbiamo sequestrato beni per circa 100 milioni di euro e, nel corso delle perquisizione abbiamo trovato contanti e assegni per centinaia di migliaia di euro. Sino a qualche anno fa i casalesi la facevano da padroni. Ma questa cosca ha subito duri colpi negli ultimi anni con arresti e condanne.
E per tale motivo ha dovuto lasciare al clan Mallar do il controllo sul mercato ortofrutticolo di Giu gliano, nel Napoletano. I contrasti tra le due cosche per la gestione dell' autotrasporto non hanno determinato un conflitto tra i Casalesi ed i Mallar do proprio per la condizione di debolezza dell' organizzazione casertana, disarticolata dalle numerose inchieste giudiziarie ed operazioni delle forze ordine. Ma il sistema mafioso è rimasto pressoché identico».
E il ruolo dei siciliani?
«L' indagine ha fatto emergere le figure di Salvatore D' Alessandro, commerciante del mercato ortofrutticolo di Palermo, e di Francesco Militello, titolare di una ditta di autotrasporti di Niscemi, nel Nisseno, che consideriamo inseriti a pieno titolo nell' affare. Li consideriamo i terminali del business sul mercato siciliano, personaggi legati a doppio filo con gli organizzatori campani del racket dei trasporti. La Sicilia nell' ambito della vendita di prodotti agricoli costituisce un grosso mercato nel panorama nazionale. E l' indagine ci porta anche sulle piazze di Gela e Catania. Per fare un esempio, D' Alessandro, oltre a essere titolare di un punto commerciale, si interessava, secondo la nostra ricostruzione, affinché i trasporti a Palermo a Fondi avvenissero solo con le ditte dei casalesi. Siamo convinti che Cosa nostra sia inserita a pieno titolo nel business. Gli enormi interessi generati dal sistema, l' esigenza di reinvestire capitali illeciti e la necessità di ottenere consenso (consenso sociale su cui si fonda la forza di un' organizzazione criminale mafiosa) hanno spinto i clan a trovare un accordo per tenere in piedi il monopolio nei trasporti della merce».
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