PALERMO.«Pressioni», «comportamenti inusuali», prassi «irrituali», tentativi di adottare provvedimenti che sarebbero stati contrari alle normative. Di questo ha parlato l'ex assessore alla Sanità, Lucia Borsellino, quando - il 26 marzo del 2014- è stata sentita dalla Procura di Palermo, che stava indagando su quello che sarebbe poi diventato il «caso Tutino» e che ha portato all'arresto di Matteo Tutino appunto, medico personale del presidente della Regione, Rosario Crocetta, nonché ex primario del reparto di Chirurgia estetica all'ospedale Villa Sofia. Addirittura, Borsellino ha raccontato che la sua segretaria avrebbe ricevuto «numerose telefonate da parte del dottore Tutino, a molte delle quali credo non abbia neanche risposto o abbia detto di essere indisponibile, perché le si chiedeva appunto cosa stesse succedendo in assessorato o se io stessi assumendo delle posizioni addirittura contrarie al Governo». Ma l'ex assessore - che si era poi dimessa anche per il venir meno «di una tensione morale» - avrebbe lei stessa informato la Procura, il 12 luglio del 2014, «di aver subìto pressioni da parte di personaggi politici», nello specifico «gli onorevoli Salvatore Antonio Oddo (deputato del Megafono, ndr) e Giovanni Di Giacinto (capogruppo dello stesso partito, ndr) affinché intervenisse sul neodirettore generale dell'Asp di Trapani Fabrizio De Nicola per agevolare la nomina presso quell'azienda di Giacomo Sampieri (ex commissario di Villa Sofia, ndr) nella carica di direttore generale». Di Giacinto replica che «non ho mai fatto pressioni su nessuno, in questa vicenda non avrei avuto poi alcun interesse su Trapani, visto che sono del palermitano». Oddo afferma che «i rapporti di stima e di amicizia con De Nicola sono talmente risaputi da rendere ridicola questa ipotesi». Il clima in cui sarebbe stata costretta ad operare la figlia del giudice assassinato dalla mafia, così come emerge dalle dichiarazioni che ha reso al procuratore aggiunto Leonardo Agueci ed al sostituto Luca Battinieri, era strano. Certamente pesante. Borsellino, sempre sulle telefonate ricevute dalla sua collaboratrice da Tutino afferma: «Era preoccupata, mi ha chiamato addirittura domenica scorsa per riferirmi questa circostanza... Riteneva inusuale che un primario di un' azienda, per quanto di sua conoscenza, per cui chiaramente aveva anche il numero di questa mia collaboratrice... E lei notava una certa insistenza anche nelle telefonate e nel voler sapere informazioni circa l' attività dell' assessorato». Un comportamento, quello di Tutino, che l' ex assessore definisce poi «assolutamente irrituale, se intendiamo la frequenza con la quale questa persona si relaziona con l' amministrazione pub blica». Sempre quel pomeriggio in Procura, Borsellino apprende dai magistrati che Tutino è formalmente indagato, cosa che le sarebbe stata negata, nonostante «un dovere di informazione», fino alla mattina di quello stesso giorno da Sampieri. Scopre anche che il plico con i documenti coi quali si avvisava la direzione di Villa Sofia - cioè Sampieri - che nei confronti di Tutino era stato aperto un procedimento disciplinare a Caltanissetta (cosa che avrebbe potuto mettere a rischio il suo ruolo di primario) «è stato congelato le dicono i pm - è stato sequestrato e non è mai stato aperto». «Sicuramente - afferma Borsellino - questo è un dato inquietante». Le viene poi chiesto se ha subìto pressioni per le nomine degli incarichi commissariali e sostiene di no, ma riferisce invece che sul progetto di creazione della Banca dei Tessuti a Villa Sofia in qualche modo sì: «Se per pressioni intendiamo le continue richieste di velocizzazione di una procedura, sì. Le persone chiaramente erano sempre il dottore Tutino e il dottore Sampieri che si riferivano agli uffici competenti». E proprio sulla Banca dei Tessuti, a Villa Sofia, Sampieri e Tutino, avrebbe ro pensato ad una forma di partnership con un' azienda privata e con affidamento diretto: «Non c' è mai stato comunicato formalmente - dice Borsellino- l' avremmo contestato... La formulazione di un accordo era assolutamente in difformità con la normativa vigente» e l' interesse dei due «era evincibile dalla frequenza con la quale chiedevano anche lumi all' assessorato circa la possibilità di portare a buon fine questo obiettivo». Un atteggiamento «inusuale- afferma Borsellino- l' interlocuzione su queste materie dovrebbe avvenire solo a livello di vertici aziendali». Ma l' ex assessore avrebbe anche sventato il tentativo di far passare un provvedimento che avrebbe consentito di fare interventi di chirurgia esclusivamente estetica all' interno di Villa Sofia. Dopo essere stata avvertita dell' intenzione da un sindacato avrebbe inviato «una nota a mia firma, richiamavamo l' azienda non solo a dare notizie in merito alle determinazioni assunte, ma soprattutto segnalavamo che non poteva essere assunta alcuna modifica dell' organizzazione dell' Unità operati vase non fosse preordinata una modifica dell' atto aziendale e doveva essere sottoposta alla determinazione della Giunta».