Martedì 30 Aprile 2024

Tona: “Come un'anguilla cosa nostra riesce a infiltrarsi nell'economia”

PALERMO. Punire non basta, senza smascherare e stroncare le molte facce della corruzione e della complicità socio-economica. Le mafie - capaci di infiltrarsi direttamente nell' impresa, ma pure «terziario» subdolo e potente - si presentano oggi come duttili «agenzie di servizi, che si modellano su lacune normative ed esigenze della società e del mercato». I quali, a prescindere dalla latitudine, «possono ben esprimere, economicamente un perverso bisogno di mafia». Insomma, «un' anguilla più che una piovra, che continua a insinuarsi malgrado le possenti bastonate subite dall' apparato repressivo dello Stato. Per questo ai nuovi interventi normativi non deve mancare una visione complessiva del fenomeno e delle sue interazioni con il mercato e la società». È l' opinione di Giovanbattista Tona, consigliere di Corte d' Appello a Caltanissetta, consulente gratuito della Commissione nazionale antimafia e presidente della Fondazione Progetto Legalià. Quanto all'«espansione dei modelli di criminalità mafiosa fuori dalle tradizionali regioni di appartenenza - sostiene Tona - è un fenomeno che non deve stupire, poiché i clan, siano di vecchia o nuova fondazione, si adattano meglio di ogni altro soggetto a normative talora molto diverse dalla nostra e alle occasioni di investimento speculativo da cogliere». Si tratta di quel «sistema gelatinoso descritto dal presidente dell' anticorruzione Raffaele Cantone, che soltanto un qualificato contrasto patrimoniale può fronteggiare». Consigliere, qual è lo stato della "mala arte" mafiosa sotto i connessi profili dei nuovi aspetti di pericolosità e della risposta repressiva? «Il paradosso dei giorni nostri è descritto dalla lettura anche sommaria dei quotidiani. Sempre più repressione del fenomeno mafioso non riesce a generare effetti di prevenzione. Il numero delle persone arrestate per mafia negli ultimi anni è elevatissimo, la quantità di patrimoni sottratti alla criminalità è sempre crescente, le pene inflitte agli esponenti delle cosche sono sempre più alte. Chi pensa che basti punire per dissuadere dinanzi alla vitalità intatta del fenomeno mafioso, seppure bastonato senza sosta da investigatori e magistrati negli ultimi vent' anni, deve farsi venire dei dubbi. Tagliare la gramigna senza mai bonificare il terreno significa che sul terreno si continuerà sempre a tagliare gramigna. Senza purtroppo potervi raccogliere altro di buono. E deve far riflettere il fatto che le cosche, nonostante non abbiano il potere di un tempo, nonostante non garantiscano gli ingenti guadagni di una volta e nonostante non offrano concrete prospettive di impunità, trovano sempre persone disponibili alla militanza, alla mera alleanza o compiacenza». Il governo sta agendo bene sul piano delle riforme? «Spesso le risposte legislative si sono orientate verso il fronte della repressione. Negli ultimi anni più volte si è intervenuto per aumentare le pene per il reato di associazione mafiosa o per creare nuove fattispecie. È la logica della criminalità come fenomeno di devianza; è la retorica della società sana che aspetta di essere liberata dalla piovra che la opprime. È la narrazione enfatica di quel mercato in cui gli operatori economici legati alle mafie sono fattori di inquinamento, isolati e colpiti i quali domanda e offerta torneranno liberamente in equilibrio. Ma le cose non sono così semplici. La criminalità si innesta nelle debolezze della società e dell' economia e ne fa tesoro; segue le prassi già distorte della vita sociale e del mercato, intuisce prima degli altri le opportunità, offre servizi, promette appoggi, semplifica con la violenza le complessità, crea alleanze opache ein formali per risolvere conflitti e con il suo quotidiano operato fa "sistema". Un sistema vasto e condiviso dove nemmeno più si riconosce il confine tra l' illegalità diffusa e la mafia vera e propria, un sistema comunque efficiente e attraente capace di sopravvivere agli interventi repressivi e di sostituire velocemente i propri attori che vengono scoperti oche vengono arrestati. È lo stesso sistema gelatinoso descritto da Raffaele Cantone nella sua relazione al Parlamento per spiegare opportunamente che è indispensabile potenziare l' attività di prevenzione della corruzione; che è peraltro uno degli strumenti operativi che, pur non essendo specifico ed esclusivo della mafia, trova nella mafia uno dei suoi più abili utilizzatori». Ci descrive questa mutazione in linea con i tempi? « La mafia sempre meno somiglia alla piovra e sempre più all' anguilla. Più piccola ma più agile, capace di nuotare in acqua dolce come in acqua salata, pronta ad alimentarsi in ogni modo anche con poco, di stringere odi mollare alla bisogna, imprendibile, insinuante, in grado di infilarsi ovunque, di sparire e di ricomparire. Sfugge alla presa più possente e sopravvive anche se la tagli a pezzi. È per questo che ai nuovi interventi normativi non deve mancare una visione complessiva del fenomeno mafioso e delle sue interazioni con il mercato è la società. E le norme devono essere ispirate più all' esigenza della loro concreta funzionalità ed efficienza concreta piuttosto che alle semplificazioni stereotipate e alle petizioni di principio.». Mafie al centro -nord, ma pure ramificazioni o addirittura insediamenti all' estero. È esportazione di modelli organizzativi o radicamenti oltre i confini tradizionali? «Mafia Capitale» è un fenomeno emulativo o un pericoloso allarme autoctono? «Le organizzazioni mafiose in ogni tempo e in ogni luo go sono state agenzie di servizi, per lo più illeciti. Nei territori in cui di questi servizi vi era richiesta, le mafie sono sorte e hanno prosperato. Quando si sono ramificate fuori dai loro territori tradizionali, il più delle volte è stato perché altrove i loro servizi sono stai richiesti o accettati. Ora vediamo nascere nuove agenzie di servizi criminali in altri territori che non derivano dalle mafie tradizionali: "Mafia Capitale" ne è un esempio ma non è il solo. Assieme alla questione del chi sia nato prima, se l' uovo o la gallina, ad oggi rimane irrisolto anche il dubbio se nasca prima la mafia o il bisogno di mafia». Cosa attrae i clan all' estero? «I clan seguono le opportunità e vanno all' estero perché ve ne sono. E le organizzazioni criminali si armonizzano purtroppo molto più velocemente di quanto sappiano fare gli ordinamenti degli Stati». Lei è presidente di «Progetto Legalità». Qualche sua considerazione sul variegato e discusso mondo dell' associazionismo antimafia. «La Fondazione Progetto legalità promuove attività formative e di sensibilizzazione culturale per le scuole, per i professionisti, per le pubbliche amministrazioni. Non riceve finanziamenti pubblici ma opera realizzando progetti e prodotti, e offrendo servizi. Si fonda sul volontariato di magistrati e professionisti e vuole promuovere tra i giovani soprattutto, ma non solo, consapevolezza civica, cultura delle regole e prassi virtuose capaci di mettere in crisi i metodi mafiosi. Lavoriamo prevalentemente nelle periferie, nei paesi di provincia, nelle scuole dove talvolta le associazioni antimafia più note non riescono ad andare, negli istituti penali per i minorenni. Lo sappiamo fare e lo facciamo senza clamori. Per questo quando si glorificavano pubblicamente le iniziative dell' associazionismo antimafia la nostra Fondazione non conquistava le prime pagine. Ora che si accusano le associazioni antimafia di essere enti strumentali alla pubblicità e alle carriere, nemmeno adesso si parla di quelle che operano in silenzio (e senza chiedere soldi) come noi. Ma la vita è fatta così e noi lo sapevamo già».    

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