Lunedì 23 Dicembre 2024

Postiglione: «Il sequestro di aziende può trasformarsi nella loro morte»

PALERMO. Il sequestro di un’azienda in mano alla criminalità organizzata molto spesso si trasforma in un «aziendicidio, cioè nella sua uccisione» quando, al contrario, dovrebbe essere valorizzata per dare ai lavoratori fiducia sul ruolo dello Stato e favorire lo sviluppo dell’economia sana. Lo ha detto il prefetto Umberto Postiglione, direttore dell'Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati alla mafia, intervenendo, al «Festival del lavoro». «Non è vero che le aziende in amministrazione giudiziaria falliscono: i supermercati confiscati a Grigoli in Sicilia - ha incalzato - stanno riaprendo tutti riassumendo i lavoratori e l'hotel San Paolo Palace di Palermo, da me affidato ad un nuovo amministratore e ad un nuovo direttore, è passato da una perdita di 300 mila euro l’anno ad essere sempre pieno e ad avere riassunto i 10 dipendenti». Per il prefetto «non si tratta di dare lavoro solo perché lo faceva la mafia, ma di costruire nuovi percorsi di crescita imprenditoriale attraverso l'utilizzo dei beni confiscati». Postiglione ha poi evidenziato che appena il 30 per cento dei beni sequestrati arriva a confisca. «Al di là dei numeri che circolano - ha puntualizzato - abbiamo notizia di 10.500 beni immobili e 700 aziende confiscati ma rispetto ai 30 anni precedenti alla mia gestione, quando si assegnavano in media 500-600 beni l’anno, nell'ultimo anno abbiamo assegnato 3.100 beni». E a proposito di alloggi, il direttore dell'Agenzia ha spiegato che nel capoluogo dell'Isola ci sono ancora 3 mila abitazioni confiscate inutilizzate: «Ho proposto a livello nazionale di riutilizzare palazzi e appartamenti per farne case popolari ma invano, forse perché non sono raggruppati nello stesso posto e non si può creare un ghetto». Da parte sua il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri, ha annunciato che il Consiglio dei ministri ha esitato il disegno di legge sulla criminalità economica che, fra l'altro, interviene sulla gestione dei beni confiscati «perché la migliore risposta dello Stato alla criminalità organizzata è fare in modo che le aziende non falliscano, che i lavoratori non siano licenziati, anzi che questi beni funzionino meglio di prima contribuendo alla ripresa dell'economia». In dettaglio, il provvedimento crea un fondo per favorire l'accesso al credito da parte delle imprese confiscate e per pagare i fornitori. E si passa da una gestione strettamente commissariale ad una strategia di politica industriale nella quale, come amministratori giudiziari, possono essere coinvolti anche i consulenti del lavoro nell'ottica di salvaguardare i dipendenti, fare emergere il lavoro nero con la stabilizzazione, adeguare l'azienda alle norme sulla sicurezza e sui contratti, applicare tipologie contrattuali più adeguate ad un piano di sviluppo sul mercato. «Ma soprattutto - ha aggiunto Ferri - abbiamo introdotto iter più snelli per passare velocemente dal sequestro all'assegnazione. In questo quadro positivo anche i dipendenti, vedendo che lo Stato garantisce davvero i posti di lavoro dopo avere sgominato un'organizzazione criminale, saranno incentivati a segnalare alle autorità anomalie sulla propria azienda prima che intervenga la magistratura, e questo per garantire meglio la continuità d'impresa. Analogamente, è previsto un controllo giudiziario per segnalare anomalie prima che si arrivi al commissariamento». Parlando di infrastrutture il viceministro Riccardo Nencini ha ammesso che «l'Italia ha speso una somma abnorme, ma dobbiamo cominciare a parlare di fondi spesi male, responsabilità di governi ma anche di molti amministratori locali». Nel suo ultimo rilevamento, tra l'altro, l'osservatorio del ministero ha censito 692 opere incompiute per un valore di 2,9 miliardi di euro, di cui 67 per 114,6 milioni di euro soltanto in Sicilia. Sui temi del lavoro, invece, il professore Maurizio Del Conte, consulente della presidenza del Consiglio dei Ministri ha annunciato «un disegno di legge entro agosto sul lavoro autonomo per completare la riforma del settore» mentre il sottosegretario all'Istruzione, Davide Faraone, ha affermato che «sui tirocini e l'apprendistato il governo si scontra con modelli vecchi messi ancora in campo dai sindacati».

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