Il presidente del Consiglio Matteo Renzi le ha promesso l’istituzione del reato di omicidio stradale. «Spero di riuscirci entro il 2015», ha scritto il premier in una e-mail dello scorso 12 marzo. La destinataria del messaggio è Marina Fontana, 47 anni, che ha perso il marito, Roberto Cona, 51 anni, morto dopo un incidente sull’autostrada del Sole, avvenuto nella notte tra il 26 e il 27 luglio 2013, all’altezza di Barberino di Mugello, in Toscana.
Marina Fontana, sposata allora da appena un anno, rimase gravemente ferita in seguito all’impatto causato dall’autista di un tir, ma riuscì a salvarsi. Ha donato gli organi del marito e oggi si batte «da cittadina italiana, che non cerca vendetta e che non è guidata da emotività affinché il testo sull’omicidio stradale consideri tutte le fattispecie di cause sconsiderate che provocano morte di innocenti». Così si chiude il testo di un’altra e-mail, quella che ieri mattina la vedova ha inviato a Renzi, dopo la morte di Tania Valguarnera, l’operatrice call center, di 29 anni, investita e uccisa domenica mattina in via Libertà.
Signora Fontana, il disegno di legge sull’omicidio stradale è all’esame della commissione Giustizia del Senato. Ma secondo lei è incompleto. Perché?
«È positivo che finalmente si discuta su un testo che, nonostante mantenga la colpa e non il dolo, istituisca per la prima volta l’omicidio stradale e consideri all’interno di questo reato l’assunzione di alcol, droghe e l’alta velocità tra le cause di incidenti mortali. Il problema è che non viene considerata la quarta causa che è anche la più frequente. Si tratta della distrazione consapevole per utilizzo irresponsabile di apparecchi cellulari ed elettronici».
Ci sono statistiche che lo dimostrano?
«Nello studio “Gli italiani al volante” fatto dall’Ipsos il 51% degli intervistati ha ammesso di aver avuto un incidente stradale dovuto alla distrazione. E gli ultimi dati Aci/Istat fanno emergere che, prima della velocità e dell'ebbrezza, è la disattenzione per l'utilizzo del cellulare a provocare gli scontri sulle strade. Su settemila giovani europei, uno su quattro dice di aver scattato un selfie al volante, sempre uno su quattro afferma di aver pubblicato o controllato i social network mentre era alla guida. Pare che anche l’investitore di Tania Valguarnera stesse utilizzando il telefonino».
Anche il conducente del tir che ha causato l’incidente in cui è morto suo marito sembra che fosse distratto…
«So che non ha rallentato e che correva nonostante fosse stato segnalato un incolonnamento anche da semafori lampeggianti. A quasi due anni da quel giorno il mio Roberto non c’è più e quell’uomo è ancora libero, non ha mai chiesto scusa e non ha mai sentito il bisogno di sapere come sto. Giovedì sarò a Firenze per il processo, prima ho dovuto attendere un anno per il rinvio a giudizio, poi la prima udienza che era stata fissata a gennaio è stata rinviata di quattro mesi per ascoltare i testimoni. E, in tutto questo, l’autista del tir quasi certamente non sarà in aula. Dopo pochi giorni dall’incidente, il suo mezzo è stato dissequestrato e se n’è tornato in Turchia. Solo successivamente, su richiesta specifica del mio avvocato, che è mio fratello, le autorità turche hanno comunicato che il mezzo era privo di copertura assicurativa internazionale, (la carta verde). Sia al controllo della dogana, sia al controllo successivo della polizia intervenuta a seguito dell’incidente, l’autista esibiva solo la polizza domestica, non valida nel territorio italiano».
Secondo lei perché si fatica ad approvare questa legge e a far passare gli emendamenti anche da lei richiesti?
«Non voglio nemmeno pensare che esistano delle lobby di potere che possano bloccare il disegno di legge, ci sono dei senatori che hanno sposato la mia battaglia e la pensano come me e spero che si faccia la cosa giusta. Ovvero che venga approvato un testo completo, una legge efficace. Per la mia vicenda, il giudice non si baserà sulle eventuali nuove norme. La nuova legge, se mai sarà approvata, varrà da quel momento in poi, a me interessa solo vincere questa battaglia di civiltà. Lo Stato può e deve rimanere garantista, può e deve non essere giustizialista. Al momento però l’unico garantito è chi sbaglia alla guida, garantito dall’assenza di regole certe e immediate. Non chiedo la pena di morte, ma nemmeno che il vuoto normativo si trasformi in licenza di uccidere».
Ci sono altri Paesi in cui è già stato istituito il reato di omicidio stradale?
«In Gran Bretagna hanno una legge simile a quella che desidereremmo entrasse in vigore in Italia. L’incidente stradale mortale viene considerato omicidio senza distinzione fra doloso e colposo. È il lavoro successivo dei detective che lo stabilisce, ma a differenza che da noi, lì sin da subito si indaga scrupolosamente e c’è la certezza che il caso verrà trattato come un omicidio».
Nella e-mail che ha mandato a Renzi lei critica anche l’inserimento nel ddl del cosiddetto “omicidio nautico”…
«Sì, è spuntato all’improvviso e crea solo confusione. A questo punto perché non inserire anche l’omicidio ferroviario e l’omicidio aereo. Rimango convinta che se c’è un elemento da inserire è comprendere nel reato di omicidio stradale quello commesso da chi al volante apparecchi di telefonia mobile o elettronici senza attivare i congegni idonei a prevenire cali di attenzione durante la guida. Fino a quando non ci sarà un deterrente, in auto si continuerà a parlare al cellulare. Se la pena è adeguata la gente ci penserà tre volte prima di rispondere alla telefonata o di inviare sms, o addirittura di farsi un selfie».
Lei chiede anche l’ergastolo della patente, ovvero il ritiro a vita…
«Nel ddl si parla in alcuni casi di ritiro della patente fino a 30 anni e c’è chi ha parlato di anticostituzionalità. Ma se la patente è una licenza come il porto d’armi o il tesserino per la caccia, perché questi ultimi due possono essere revocati e la patente di guida no?».
Pensa che Renzi riuscirà a mantenere la promessa che le ha fatto e che il reato di omicidio stradale diventi legge entro il 2015?
«A questo punto ciò che mi preme oltre l’urgenza dell’approvazione è che il testo sia completo. Non mi accontenterei del ddl per come è adesso. Per questo martedì 9 giugno, dalle 16 alle 18, saremo di nuovo in piazza per un sit-in pacifico davanti a Palazzo Chigi e, per chi non potrà essere a Roma, davanti alle prefetture di tutte le altre città. Spero che oltre ai familiari e agli amici di vittime della strada aderiscano anche coloro che pur non essendo stati direttamente colpiti da una tragedia del genere si battano con noi per provare a fermare la morte di innocenti».
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