PALERMO. «Un annuncio straordinario così come straordinaria è l’opportunità per la Chiesa. Un’occasione importante per ribadire la linea di questo Pontificato che ha al suo centro proprio la “misericordia”». Lo afferma Andrea Tornielli, giornalista de La Stampa e coordinatore di Vatican Insider (vaticaninsider.lastampa.it). Ieri pomeriggio nel corso del rito penitenziale nella Basilica di San Pietro il Papa ha annunciato l’Anno Santo. Il Giubileo straordinario inizierà il prossimo 8 dicembre, nel cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II e durerà fino alla festa di Cristo Re, il 20 novembre del 2016. Una notizia che arriva qualche ora dopo le parole del Papa rilasciate durante un’intervista che hanno fatto il giro del mondo in pochissimi minuti: «Ho la sensazione che il mio pontificato sarà breve. Quattro o cinque anni. Non lo so, o due, tre. Ben due sono passati da allora. È come un piccolo vago sentimento». Quale significato assume il Giubileo per la Chiesa in questo momento? «Il Giubileo straordinario della misericordia che il Papa ha annunciato durante la liturgia a San Pietro è un esempio di continuità con quanto lo stesso Francesco in queste settimane ha più volte ripetuto: la Chiesa non allontana nessuno e, soprattutto, non chiude le porte a nessuno. Il Pontefice ritiene che il messaggio più importante del Vangelo sia proprio questo: la misericordia. E l’anno rappresenta una straordinaria occasione per rendere ancora più visibile, direi quasi più operativo, questo messaggio. Si mobiliteranno chiese, confessori, aprendo le porte perché più persone possibili possano tornare a Casa». Rispetto all’azione di Benedetto XVI, come si sta muovendo Bergoglio? C’è continuità? «Dal punto di vista dello sguardo sulla Chiesa credo che ci sia continuità perché Ratzinger è stato un Papa umile, che ha sempre invitato alla conversione. Alcuni dei temi sono stati proprio l’allontanamento dal potere, la posizione ferma contro il carrierismo... Cose dette in questo senso dal predecessore di Bergoglio ma inascoltate. Credo che ci sia un’unità sull’essenziale. Siamo di fronte a due uomini liberi, due uomini umili che non mettono come protagonisti se stessi. Ovviamente con le dovute differenze che sono la normalità della vita della Chiesa nel susseguirsi dei pontificati. La continuità non può e non deve comunque diventare l’ideologia del “continuismo”, per cui si va a misurare quanto c’è di continuità o di non-continuità. Siamo di fronte ad un atteggiamento che non c’è mai stato prima nella storia della Chiesa». Proprio ieri Francesco ha ammesso di avere la sensazione che il suo sarà un Pontificato breve. Cosa significa? «Questa affermazione è solo un passaggio di un’intervista più ampia. Bisogna leggere non soltanto una frase ma tutta la risposta che il Pontefice ha dato. Dal video, ad esempio, si capisce cosa il Papa voglia realmente dire. Non ci troviamo davanti ad una profezia che viene pronunciata da Francesco. Non è la prima volta che dice: “Sì, non credo di avere molti anni davanti...”. Come è chiaro, del resto, per uno che viene eletto a 76 anni. Dobbiamo ricordare che Benedetto XVI venne eletto a 78 anni e il suo pontificato è durato altri sette. E ancora vive due anni da emerito». E quindi in che modo va interpretata questa sua affermazione? «È lo stesso Papa Francesco a spiegarlo. Non è una profezia ma una sensazione, come conferma, aggiungendo “posso anche sbagliarmi”. Tutto ciò può essere legato ad un risvolto psicologico che, ad esempio, fa dire a una persona che deve fare una gara: “Sì, ma tanto lo so che perdo...”. Un modo per non illudersi. Poi in realtà magari vince ed è più contento. Questo dice anche il Papa facendo intendere che potrebbe trattarsi semplicemente di un risvolto psicologico. È un’intervista molto colloquiale, molto bella e serena». C’è qualche altro elemento importante che Francesco evidenzia? «Proprio nella risposta successiva c’è una cosa molto importante che emerge. Pur parlando dell’esempio di Benedetto XVI che ha aperto una porta (le sue dimissioni, ndr), Francesco si dice contrario all’idea di limitare l’età del Papa, prevedendo le dimissioni a 80 anni. E da come parla sembra chiaro che non abbia proprio intenzione di dimettersi. Non ha preso nessuna decisione in questo senso». Nei primi 24 mesi di pontificato, Jorge Bergoglio ha sollevato temi sentiti da fedeli e laici: dallo Ior ai centralismi della Curia, dalla scomunica ai mafiosi alla lotta alla corruzione. Che effetti ci sono nelle gerarchie ecclesiastiche? «Innanzitutto è bene precisare che per la gente questi temi non sono i principali. Così come dimostra una ricerca su Twitter. Sul social network Francesco è il Papa della “misericordia” e del “rinnovamento”. Per sette settimane sono stati monitorati più di sette milioni e mezzo di tweet in varie lingue riguardanti la discussione sui temi del pontificato. E il tema principale è stato proprio quello della misericordia». E nelle gerarchie ecclesiastiche cosa accade? «Certamente sono convinto che quella che possiamo chiamare la resistenza o la mancata sintonia sia presente all’interno della Chiesa e in particolare nel clero. C’è l’invito che Francesco fa in Evangelii gaudium, ovvero la richiesta di mettersi in discussione, di cambiare profondamente. Non è una questione di parole d’ordine, di nuove strategie, di organigrammi o di nuove azioni. È un cambiamento profondo che viene richiesto. E di fronte a questo cambiamento c’è chi si mette in discussione e chi, invece, alza le spalle pensando “Cosa pretende, cosa vuole insegnare... Questo già lo sappiamo, questo già lo facciamo”. Tutto ciò riguarda vescovi, preti e laici. Anche se è vero che la resistenza è più interna». L’azione di Francesco e gli effetti nelle parrocchie. A due anni dall’inizio del suo Pontificato si coglie qualche elemento di novità? «Non ci sono elementi per potere analizzare questo con i dovuti riscontri. Ci sono casi e casi. Ci vorrebbe, in questo senso, un’indagine accurata a tappeto. Ovviamente tutto dipende... il Papa non è una persona sola al comando. Tutto sommato credo che ci siano dei risvolti positivi e che questi si possano vedere, in alcuni casi, anche in modo tangibile. C’è un respiro nuovo, una messa in moto e comunque una percezione di un tentativo di andare incontro ai lontani».