RIMINI. Il 14 febbraio 2004 Marco Pantani non fu ucciso, ma morì per un sovradosaggio di antidepressivi. È la conclusione della nuova approfondita inchiesta sulla morte del Pirata, aperta alla fine di luglio 2014 sulla base di un esposto per omicidio presentato dalla famiglia: la richiesta di archiviazione, del procuratore capo Paolo Giovagnoli, approderà davanti al Gip nelle prossime settimane, a circa otto mesi dalla riapertura del caso. La famiglia ha già annunciato che si opporrà.
Il professor Franco Tagliaro, consulente della procura di Rimini, alla luce degli esami tossicologici sui 'vetrini' recuperati in laboratorio, ha confermato quanto già ipotizzato in una prima relazione presentata al Pm a dicembre: «Il decesso è dovuto primariamente al sovradosaggio di antidepressivi», mentre la cocaina resta 'concausa'.
Nel rispondere ai quesiti Tagliaro ha smontato le ipotesi di Francesco Avato, consulente della famiglia Pantani, e ha avallato le conclusioni della vecchia indagine riguardo all'assenza dell'intervento di terzi. «Non sono emersi elementi tali da ipotizzare concretamente una assunzione sotto costrizione». E anche dall'inchiesta «non sono emersi elementi che facciano pensare a un omicidio», conferma il procuratore Giovagnoli. I dettagli, sottoposti all'attenzione della procura dal legale della famiglia, Antonio De Rensis, si sono rivelati «non significativi o non rilevanti».
Nella stanza del residence 'Le Rose' di Rimini, chiusa dall'interno, Pantani era dunque solo. Con il suo carico di farmaci, droga e disperazione, nel giorno di San Valentino. Dalla procura, anche solo in astratto, si tende anche a escludere una qualche negligenza o colpa medica (reato comunque eventualmente prescritto).
Intanto il legale della famiglia, Antonio De Rensis, annuncia di essere pronto ad opporsi alla eventuale archiviazione. «Premetto - dice - che non ho ancora ricevuto copia della relazione del professor Tagliaro; apprendo da organi di informazione che dalla stessa emergerebbe, come causa del decesso di Pantani, una commistione tra cocaina e farmaci presi presumibilmente in dosi massicce. Quindi, partendo dal presupposto che mi riferisco ad indiscrezioni, devo fare una precisazione che ritengo molto importante. Questa relazione rappresenterebbe una totale smentita rispetto alle conclusioni dell'autopsia della prima inchiesta, secondo la quale i livelli
degli antidepressivi nel sangue sarebbero rientrati nel range terapeutico e comunque nettamente inferiori alla soglia tossica». L'avvocato sembra puntare sul fattore 'novita«: la preponderanza dei farmaci rispetto alla cocaina, relegata a concausà del decesso.
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