Domenica 17 Novembre 2024

La Dna: strategie di Cosa nostra contro Confidustria nissena

ROMA. L'organizzazione mafiosa Cosa Nostra - nonostante sia stata fortemente colpita da indagini e arresti da parte delle forze dell'ordine - anche nel 2014 ha continuato a dimostrare una "costante vitalità" nelle varie parti del territorio siciliano nelle quali è presente, a cominciare dal Distretto di Palermo. Lo afferma la relazione della Direzione nazionale antimafia presentata oggi dal presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi e dal procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti. Lo studio sottolinea come "tale analisi non coincide con indicazioni, anche autorevoli, di altri osservatori del fenomeno mafioso che teorizzano una sorta di "balcanizzazione" dell'organizzazione mafiosa Cosa nostra e un suo inarrestabile declino". "Deve peraltro confermarsi - scrive la Dna -  che la città di Palermo è e rimane il luogo in cui l'organizzazione criminale esprime al massimo la propria vitalità sia sul piano decisionale (soprattutto) sia sul piano operativo, dando concreta attuazione alle linee strategiche da essa adottate in relazione alle mutevoli esigenze imposte dall'attività di repressione continuamente svolta dall'autorità giudiziaria e dalla polizia giudiziaria". Allo stato gli investigatori  registrano una cooperazione di tipo orizzontale tra le famiglie mafiose della città di Palermo,"volta a garantire la continuità della vita dell'organizzazione ed i suoi affari. Tra questi in particolare devono segnalarsi un rinnovato interesse per il traffico di stupefacenti e per la gestione dei "giochi" sia di natura legale che illegale". "In tal modo l'organizzazione mafiosa nel suo complesso sembra, in sintesi, aver attraversato e superato, sia pure non senza conseguenze sulla sua operatività, il difficile momento storico dovuto alla fruttuosa opera di contrasto dello Stato ed aver recuperato un suo equilibrio", conclude la Dna. Tra i latitanti "eccellenti" di mafia ancora si sottrae alla cattura Matteo Messina Denaro, capo indiscusso di alcune famiglie mafiose. "Il suo arresto non può che costituire una priorità assoluta ritenendosi che, nella situazione di difficoltà in cui si trova Cosa Nostra, il venir meno anche di questo punto di riferimento, potrebbe costituire un danno enorme per l'organizzazione". Lo scrive la Direzione nazionale Antimafia nella relazione presentata oggi dal presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi e dal procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti. Altro punto che si sottolinea è la necessità di prevedere pene più severe per chi reitera il reato di associazione di tipo mafioso (416 bis). "Bisogna tornare a chiedersi - scrive la Dna - se il legislatore non debba approntare, per le ipotesi accertate di reiterazione nel delitto di cui all'art. 416 bis c.p.,  un meccanismo sanzionatorio particolarmente rigoroso per escludere per un non breve periodo di tempo dal circuito criminale quegli appartenenti all'organizzazione mafiosa che dopo una prima condanna, tornino a delinquere reiterando in tal modo la capacità criminale propria e dell'organizzazione. Quantomeno, nella contestazione dei delitti per soggetti che rispondono a tali caratteristiche deve auspicarsi un maggiore ricorso alla richiesta ed all'adozione nella sentenza dell'affermazione di delinquente abituale ai sensi dell'art. 109 del codice penale". Anche dalla sola considerazione della mole numerica di episodi intimidatori, "si può verosimilmente  ricavare l'esistenza di una strategia criminale volta a destare allarme ed assai probabilmente a tentare di condizionare lo svolgimento delle attività investigative e processuali della Magistratura del distretto di Palermo". Lo scrive la Direzione nazionale Antimafia nella relazione presentata oggi a proposito degli atti intimidatori di cui sono stati vittime alcuni magistrati di Palermo. In particolare, la relazione ricorda le dichiarazioni intercettate in carcere a carico del Salvatore Riina, "che ha esplicitamente ipotizzato la eliminazione fisica del collega Di Matteo e non ha lesinato parole di minaccia nei confronti di chiunque svolga attività di contrasto allo strapotere di Cosa Nostra". STRATEGIE CONTRO CONFINDUSTRIA. Le strategie di Cosa nostra contro Confindustria nissena e contro il presidente dell'Irsap Alfonso Cicero finiscono sotto i riflettori della Direzione nazionale antimafia. Nella relazione 2014 presentata stamani a Roma si cita infatti l'impegno antimafia dell'associazione degli imprenditori, al centro in questi ultimi giorni di polemiche per l'indagine che riguarda il suo leader regionale Antonello Montante. "Nell'ultimo periodo - si legge nella relazione - si assiste ad una crescente reazione delle organizzazioni mafiose e dei suoi poteri collegati (come ad esempio quello dei "colletti bianchi") contro l'azione di contrasto alla criminalità organizzata, nonché contro l'opera di legalità posta in essere in questi anni dall'Associazione Confindustriale di Caltanissetta e, in generale, da quella regionale". "In tale contesto - prosegue la Dna - sembrano iscriversi gli atti intimidatori consumati ai danni del Presidente dell'Irsap (Istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive), Alfonso Cicero. In definitiva, sembra che la reazione di cosa nostra, attuata su più piani, abbia come obiettivo quello di innalzare il livello di aggressione contro quel modello voluto anche da Confindustria Sicilia, che ha costituito, in questi ultimi anni, un elemento di forte discontinuità rispetto al passato”.

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