PALERMO. Una decina di anni fa hanno ottenuto stabilizzazioni e aumenti contrattuali fuori mercato. Ora gli 11 mila dipendenti dei vecchi Ato rifiuti stanno per rientrare nell’orbita dei Comuni e rischiano di far esplodere i bilanci costringendo i sindaci ad aumentare le tasse. Per questo motivo, sotto traccia, è già partito uno scontro che vede l’Anci in pressing su Regione e sindacati perchè acconsentano a un taglio di stipendio per questo personale. In queste settimane gli Ato stanno chiudendo per trasformarsi in Srr o Aro, cioè le nuove società pubbliche che gestiranno la raccolta e lo smaltimento. Operazione già difficile per via di una mole debitoria superiore al miliardo e resa ancora più complicata per via degli 11 mila dipendenti da ricollocare. La riforma del 2009 prevede che questo personale venga assorbito dai Comuni e, se possibile, dai privati che vinceranno gli appalti: cioè dali originari soci dell’Ato. E qui sta il problema. L’Anci, l’associazione dei sindaci, lo ha segnalato alla Regione: «È impossibile - spiega il vicepresidente Paolo Amenta, primo cittadino di Canicattini Bagni - assorbire questo personale perchè ha contratti insostenibili per i Comuni. Bisogna prima modificare questi contratti». In sintesi, urge tagliare gli stipendi. Ma quanto valgono questi contratti? Oggi chi è negli Ato guadagna il 20-30% in più di un parigrado comunale. Si tratta, secondo stime, di almeno 150 euro netti al mese per i livelli più bassi. Il tutto perchè una decina di anni fa chi passò dal Comune agli Ato ottenne un contratto più ricco che ora vorrebbe portare con sè nel percorso inverso. La Corte dei Conti già nel 2008 aveva segnalato l’anomalia, ricordando che a fronte di maxi stipendi il servizio è scarso e questo personale lavora meno che nel resto d’Italia. Chi è nei Comuni ha il contratto di categoria Enti locali che prevede 13 mensilità per una base di 1.300 euro. Chi invece negli ultimi 10 o 15 anni ha lavorato negli Ato ha potuto contare sul contratto Federambiente che assicura 14 mensilità e un assegno base di 1.451 euro. Ogni dipendente costerebbe quindi ai Comuni almeno 4 mila euro in più. L'ARTICOLO INTEGRALE NELLE PAGINE DEL GIORNALE DI SICILIA OGGI IN EDICOLA