PALERMO. Hanno preso il cellulare del ladro e hanno cominciato a «messaggiare» con i complici: «Dove sei?», hanno scritto e «Ivana» ha abboccato, consegnandosi (involontariamente) mani e piedi, assieme agli altri della piccola banda che, nella notte tra venerdì e sabato, ha cercato di svaligiare il Baby Luna. Ora la polizia ha arrestato anche il secondo uomo del gruppo: dopo Cosimo Geloso, 24 anni, catturato nell’immediatezza dei fatti e finito ai domiciliari, è toccato a Salvatore Tutone, di 37, che è stato portato in carcere.
I due sono entrambi di Brancaccio: Geloso ha ottenuto un trattamento meno afflittivo in virtù di una pronta ammissione delle proprie responsabilità e delle indicazioni che, in un primo momento, aveva fornito riguardo a Tutone. Quest’ultimo, assieme allo stesso Geloso, avrebbe forzato la saracinesca e, sempre col complice, sarebbe entrato all’interno del locale, prelevando tre macchine da videopoker, due scatole e tre sacchi con numerosi pacchetti di sigarette. Valore stimato, quattromila euro. La refurtiva era stata però abbandonata, quando i ladri avevano capito di essere stati scoperti.
Dopo la confessione, comunque, il giovane (difeso dall’avvocato Massimo Dioguardi) ci ha in parte ripensato: davanti al Gip Lorenzo Matassa ha confermato infatti di essere stato uno dei due ladri ma ha negato di avere mai accusato Tutone. Ora rischia di finire ancora di più nei guai, con l’ipotesi di calunnia nei confronti degli agenti che avevano raccolto le sue dichiarazioni. A piede libero sono indagati invece le due donne e l’uomo trovati non lontano dal locale della circonvallazione e che sono ritenuti coloro che avrebbero dovuto appoggiare i due personaggi principali del gruppo: si tratta di Concetta Senapa, Maddalena Mattaliano e Giuseppe Caserta.
Proprio la Mattaliano, «Maddi», sarebbe «Ivana»: era questo il nome con cui era indicata nella rubrica del cellulare di Geloso, fermato dagli agenti delle volanti dopo che un metronotte della Ksm, intorno alle tre del mattino di sabato 24, si era accorto che la saracinesca del Baby Luna era stata divelta e aperta. A quel punto il ventiquattrenne e il complice erano scappati, rischiando di finire male, perché si erano letteralmente buttati — al buio — dal ponte Corleone, finendo nella vegetazione sottostante. Mentre però Tutone era riuscito a nascondersi e a scappare, Geloso era stato acciuffato dai poliziotti, che per prenderlo avevano anche loro rischiato l’osso del collo. Addosso il giovane aveva un telefono cellulare. E a quel punto gli agenti hanno giocato di astuzia: hanno visto che «Ivana» aveva fatto numerose chiamate senza risposta e inviato messaggi a ripetizione a Geloso e le hanno risposto con un sms.
Pochi minuti ed era arrivata la replica: «Dimmi dove sei sono maddi». Poi: «Non ti muovere sono nei paraggio tranquillo». Di nuovo gli agenti: «Vediamoci alla Esso di viale Regione». Immediata la risposta di «Ivana»: «Sbrigati xche se rimango tanto mi fermano io sono al esso vicino settebello». E poi: «Non ti muovere affinche non te lo dico io risp dimmi di preciso dove sei». Infine il messaggio che convinceva la polizia a «togliere l’assedio», anche se per finta: «Ti aspetto all esso ma se vedi volanti fermati». A quel punto infatti le auto della polizia sparivano e lasciavano spazio a due agenti in borghese, a bordo di un’auto civetta. Alle 5.50 l’ultimo messaggio, quello decisivo: «Esci non ce piu nessuno». A quel punto i poliziotti arrivavano alla Esso e vedevano quattro persone tutte con i telefonini in mano, che guardavano verso il greto del fiume. Si trattava di Caserta, Tutone, della Senapa e della Mattaliano, tutti identificati e denunciati.
Non lontano dal Baby Luna c’era un furgone Volkswagen Transporter rubato, che doveva servire — secondo l’accusa — a portare via la refurtiva. A Tutone il pm e il giudice sono arrivati grazie alle indicazioni fornite da Geloso, anche se le dichiarazioni sono state poi ritrattate.
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