Lunedì 23 Dicembre 2024

Il Papa riceve in Vaticano un transessuale, nel gesto di Francesco l’amore del Vangelo

La notizia che il papa ha personalmente ricevuto in Vaticano, cuore della cristianità, un transessuale, viene ad aggiungersi alle altre che in questi mesi hanno drasticamente rivoluzionato l’immagine che l’opinione pubblica laica si era fatta della Chiesa e hanno gettato scompiglio nello stesso mondo cattolico. E c’è da aspettarsi che anche questo gesto di Francesco – anzi forse questo più di altri – sia destinato ad approfondire la distanza che si è creata tra quei credenti che salutano con esultanza le continue novità introdotte da questo pontificato e quelli che, invece, ne sono turbati, se non addirittura indignati. Probabilmente si tratta di un contraccolpo inevitabile di ogni vero rinnovamento. Basti pensare al prezzo pesantissimo che la Chiesa ha pagato per quello, peraltro ben più profondo, determinato dal Concilio Vaticano II, quando a molti sembrò che si fosse abbandonato e tradito il patrimonio dottrinale custodito per secoli. Salvo a rendersi conto, con una più pacata riflessione, che si erano se mai recuperate alcune fondamentali prospettive dell’originario messaggio cristiano, appannate e distorte da successivi condizionamenti culturali. Il riferimento al Concilio non è casuale. Questo papa lo sta prendendo sul serio fino in fondo, continuando - ma con un passo più deciso - la linea dei suoi predecessori e cercando di tradurne lo spirito in uno stile di Chiesa di cui egli per primo cerca di essere testimone. E, ancora una volta, l’orizzonte è quello di un coraggioso ritorno al Vangelo. Vediamo i fatti e cerchiamo di comprendere cosa esattamente è accaduto. Per prima cosa, forse, è utile chiarire chi è un transessuale. Molti lo confondono con la figura dell’omosessuale, ma si tratta di situazioni molto diverse. Si dicono omosessuali coloro che hanno un’attrattiva nei confronti di persone del loro stesso sesso. Si dicono, invece, transessuali o transgender quegli individui che nascono uomini ma si sentono donne e si comportano in modo femminile, o che nascono donne, ma si percepiscono uomini e agiscono in modo maschile. Perciò, nel loro caso non si può parlare di «omosessualità», visto che il rapporto che hanno con persone dello stesso sesso biologico è in realtà, nel loro vissuto psichico, un rapporto etero. Da qui il bisogno incoercibile di andare oltre la loro corporeità e i dati morfologici che la caratterizzano, per assumere un’identità che non corrisponde al loro sesso biologico. Nella maggior parte dei casi non si tratta di una scelta, ma di una dolorosa distonia tra la sfera psichica e quella fisica, di cui la scienza sta cercando di individuare le cause a livello anche genetico. Diego Neria Lejarraga, 48enne spagnolo originario di Plasencia in Extremadura, aveva scritto tempo fa al Papa raccontando la sua drammatica vicenda personale e religiosa. Fin da quando era una bambina aveva avvertito la sua difficoltà a identificarsi col suo sesso biologico. Ma solo otto anni fa aveva affrontato un’operazione che, per quanto possibile, adeguasse il suo fisico alla sua identità psichica. Il risultato, però, era stato che, dopo il cambio di sesso, si era visto escludere dalla sua comunità parrocchiale e demonizzare dal parroco, pur essendo stato sempre cattolico e praticante. Aveva scritto a papa Francesco e questi gli aveva telefonato due volte, invitandolo in Vaticano. L’udienza è avvenuta in forma strettamente privata e, anche adesso che la notizia ne è trapelata, appare chiara l’intenzione della Santa Sede di non prestare il fianco a chi in ogni gesto e parola del papa si affretta a trovare sconvolgenti innovazioni etiche. Il problema, come Francesco ha più volte cercato di spiegare, è che il Vangelo non è un codice morale, ma un gioioso messaggio di salvezza per tutti, a cominciare dai più diseredati e dai più esclusi. Gesù ha lasciato che una prostituta gli lavasse i piedi con le sue lacrime e glieli asciugasse con i suoi capelli, suscitando lo scandalo delle persone pie che volevano essere rigorosamente fedeli alle regole. Gesù ha accettato l’invito a pranzo da parte di pubblicani, giustamente esecrati dalla gente per la loro disonestà e il loro collaborazionismo con gli occupanti romani. Gesù ha rifiutato di condannare la donna adultera che gli era stata portata davanti perché pronunziasse il suo giudizio. Non intendeva cambiare le regole morali, ma mostrare che l’amore di Dio raggiunge anche i malati e i peccatori e che tutti, in qualche misura lo siamo. E che proprio questo amore, più di tutte le condanne, può indurre degli esseri umani feriti a recuperare la loro umanità, superando ciò che la sfigura: «Va’ e non peccare più», dice all’adultera che non ha voluto condannare. Questo è il Vangelo. E, di fronte al suo sconvolgente messaggio di misericordia, la casistica morale non perde significato, ma viene decisamente ridimensionata. Obblighi, limiti, divieti, non sono cancellati, ma devono essere collegati all’esigente appello alla conversione che viene dall’amore di Dio, di cui i discepoli di Gesù, i cristiani, devono essere sempre testimoni. Troppo spesso non è stato così e a volte i credenti sono apparsi più simili ai farisei moralisti che non al loro Maestro, suscitatore di rinnovamento di vita attraverso il perdono. Papa Francesco sta seguendo questa via. I dibattiti etici devono proseguire e non è certo sua intenzione misconoscerne il valore. Ma noi gli siamo grati di averci ricordato, come è scritto nella prima lettera di san Giovanni, che, anche se il nostro cuore ci rimprovera qualcosa, Dio è più grande del nostro cuore.  

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