Una battuta infelice o una svolta nel magistero pontificio sulla sessualità? In realtà, l'ormai famosa frase di papa Francesco, con cui, sull'aereo che lo riportava in Italia da Manila, ha messo in discussione che «per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli», forse non è né l'una né l'altra cosa, anche se tale l'hanno fatta sembrare i titoli dei mass media. Basta leggere il contesto per rendersene conto. L'argomento era, dietro sollecitazione dei giornalisti, la paternità responsabile e, in connessione con essa, l'insegnamento dell'enciclica «Humanae vitae» di Paolo VI, in cui si condannano decisamente le pratiche contraccettive. «Lui», ha osservato il papa, «guardava al neo-malthusianesimo universale che era in corso. Quel neo-malthusianesimo che cercava un controllo dell'umanità da parte delle potenze». È un tema molto caro a Francesco, sempre attento al problema della dignità dei poveri e delle prevaricazioni a cui essi sono soggetti. È noto che i Paesi ricchi subordinano ormai quasi sempre gli aiuti economici all'adozione, da parte delle nazioni del terzo mondo, di politiche demografiche rigorosamente basate sul controllo delle nascite. Sullo sfondo c'è la teoria di Malthus secondo cui, essendo le risorse scarse e la popolazione in costante aumento, è necessario che si riduca il numero delle nascite. Il punto è che le risorse non sono scarse, ma solo mal ripartite. Proprio in questi giorni è stata presentata a Davos, in Svizzera, l'analisi-denuncia di Oxfam (confederazione di 17 Ong che combattono la povertà in più di 100 Paesi), in cui si prevede che l'1% della popolazione, entro il 2016, sarà più ricco del rimanente 99% degli abitanti del pianeta. Questo se sarà confermata la tendenza attuale che ha visto - nonostante la crisi - l' 1% di nababbi aumentare il totale dei loro patrimoni dal 44% di tutta la ricchezza mondiale del 2009 al 48% nel 2014. Non solo. Del 52% di ciò che resta della ricchezza mondiale non in mano all'1%, il 46% è comunque del 20% della popolazione un po' meno ricca (non abbastanza da essere nella prima categoria ma che comunque non ha problemi di denaro). Il rimanente 79% della popolazione mondiale si spartisce solo le briciole: il 5,5% della ricchezza mondiale. È qui che si inserisce la logica del controllo demografico imposta su larga scala dai Paesi del benessere a quelli della povertà. Invece di dare spazio a logiche di maggiore giustizia sociale, si preferisce chiedere ai poveri di non fare figli, con una inaudita violenza sulle loro culture, perché, ha detto il pontefice, «per la gente più povera il figlio è un tesoro». E poco dopo ha citato la risposta da lui data a un ragazzo: «Vai a evangelizzare i poveri, ma lasciati evangelizzare da loro, hanno valori che tu non hai». Su questo rispetto verso i poveri ha insistito il papa: «Quando vengono imposte idee dagli imperi colonizzatori si cerca di far perdere ai popoli la loro identità». L'«Humanae vitae» è dunque, secondo Francesco, un documento profetico, che difende i più deboli a livello planetario e sottolinea la vera natura del rapporto sessuale tra l'uomo e la donna, mai autoreferenziale ma sempre sospinto da uno slancio verso l'oltre, verso il futuro, verso ciò che può nascere. Per questo, ha sottolineato, nella teologia cattolica, «l'apertura alla vita è condizione al sacramento del matrimonio», tanto da renderlo nullo quando si parta con l'intenzione di non avere figli. Per riequilibrare ciò che queste affermazioni potevano contenere di equivoco, Francesco ha subito aggiunto: «Questo non significa che il cristiano deve fare figli in serie. Ho rimproverato una donna che era all'ottava gravidanza e aveva avuto sette parti cesarei: vuole lasciare orfani i suoi figli? Non bisogna tentare Dio...». Il problema esiste. In contrasto con una società che tende sempre di più a esaltare l'eros separandolo dalla procreazione, «c'è chi crede che per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli», quasi che ciò da solo bastasse a rendere il matrimonio conforme alla logica del Vangelo. Ma anche questo è un modo di separare l'amore dalla procreazione, anche se, questa volta, privilegiando unilateralmente la seconda rispetto al primo. Su tutt'altra lunghezza d'onda la considerazione relativa al numero dei figli, riferita dai giornali come se il papa avesse indicato un numero ideale a cui adeguarsi. Il contesto era tutt'altro. Si parlava, con un giornalista, di povertà causata dall'eccesso demografico, in un Paese dove ci sono più di tre figli a famiglia, e Francesco ha replicato che «il numero di tre figli per famiglia che lei menziona, secondo quello che dicono i tecnici, è il numero importante per mantenere la popolazione. Quando scende sotto questa soglia, accade l'altro estremo, ciò che avviene in Italia, dove nel 2024 - ho sentito, non so se è vero - non ci saranno i soldi per pagare i pensionati...». Siamo davanti a una riflessione di tipo socio-economico, non etico e meno che mai religioso! E si capisce che Francesco, a detta di un suo collaboratore, sia rimasto stupefatto e dispiaciuto quando ha appreso dai mass media, il giorno dopo, che gli veniva attribuita l'intenzione di rivoluzionare la morale cristiana. Forse, però, la vera rivoluzione consisterebbe nel capire che l'insegnamento della Chiesa, anche nell'ambito della sessualità e del matrimonio, non può ridursi a un elenco di regole e di divieti. È questo che il pontefice attuale cerca di mettere in luce, anche se poi le sue stesse parole vengono a loro volta scambiate per un nuovo codice di regole a cui adeguarsi rigidamente. Mentre semplicemente, di là dei singoli punti trattati, probabilmente ciò che egli cerca di far capire, e che costituisce il cuore del Vangelo, è che la verità non opprime, ma rende liberi.