MILANO. Cosa Nostra dopo la strage di Capaci aveva progettato un 'cambio di strategia', colpendo il patrimonio dello Stato attraverso "un attentato alla torre di Pisa o depositando siringhe infettate dall'Aids sulle spiagge di Rimini": lo ha riferito il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, negli anni '90 reggente del mandamento di San Giuseppe Jato, ascoltato come teste in videoconferenza dal carcere nel processo a Milano a carico di Filippo Marcello Tutino, ritenuto il basista della strage di via Palestro del 27 luglio 1993.
Dopo l'arresto del boss Totò Riina nel 1993, secondo quanto ha riferito Brusca, imputato nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia, la strategia stragista venne "portata avanti da Leoluca Bagarella". Secondo il collaboratore di giustizia, a 'suggerire' il cambio di strategia, colpendo non più le istituzioni ma il patrimonio artistico italiano, sarebbe stato l'ex estremista di destra Paolo Bellini. "Sospettavamo che Bellini facesse parte dei servizi segreti, abbiamo scoperto che aveva contatti con i carabinieri", ha spiegato Brusca rispondendo alle domande del difensore di Tutino, l'avvocato Flavio Sinatra.
Oggi sono stati ascoltati come testi altri collaboratori di giustizia, come Gioacchino La Barbera e Baldassarre Di Maggio. "Bellini diceva di avere contatti con un generale dei carabinieri - ha riferito La Barbera - che in cambio dell'aiuto per recuperare alcune opere d'arte rubate in Sicilia, avrebbe potuto fare dei favori ai detenuti". Per avere "maggior potere di trattativa con lo Stato", Bellini avrebbe quindi "suggerito di dare un segnale" attraverso attentati a musei e chiese. L'udienza è stata rinviata al prossimo 24 febbraio, quando verranno ascoltati gli ultimi testi, tra cui Paolo Bellini. Il 24 marzo è prevista invece la requisitoria del pm milanese Paolo Storari.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia