CITTÀ DEL VATICANO. I cardinali non servono solo ad eleggere i papi, ma fanno la collegialità della Chiesa. Non devono ricoprire incarichi in curia considerandoli un potere. I cardinali devono essere pastori che aiutino il Papa a reggere la Chiesa universale, fatta delle voci e delle persone, del mondo, delle culture, dei vizi e delle virtù degli uomini dai cinque continenti.
I nomi dei nuovi cardinali annunciati oggi da papa Francesco e che riceveranno la porpora il 14 febbraio, confermano questo orientamento. Giocoforza tale orientamento ridimensiona il peso delle diverse «nazionalità» o lobby, prima fra tutte quella dei «curiali».
Dai nomi annunciati oggi è evidente che papa Francesco non limita il ruolo dei porporati alla elezione dei papi, e che se avrà tempo di modellare sempre più il collegio cardinalizio secondo questa prospettiva, anche un prossimo nuovo papa potrà contare su un cambiamento irreversibile nel governo e nella essenza della Chiesa.
Per il momento, comunque, con i 15 elettori che saranno creati il 14 febbraio, saliranno a 31 gli elettori creati dal primo papa latinoamericano e primo gesuita della storia millenaria della Chiesa, accanto a 60 creati da Benedetto XVI e a 34 creati da Giovanni Paolo II. I non elettori creati da Francesco saliranno a 8.
Con determinazione e creatività papa Francesco si è mosso tra tradizioni, norme canoniche e regole non scritte, qualcuna l'ha rispettata qualcuna un pò meno. Prima regola: il numero degli elettori. Per un eventuale conclave le norme canoniche prevedono che ce ne siano 120. A febbraio 2015 Francesco aveva disponibili 12 «posti liberi» da elettore, ne nominerà invece 15, sforando di tre posti, che però nel giro di pochi mesi verranno riassorbiti dal raggiungimento degli 80 anni.
La norma canonica è sostanzialmente rispettata, secondo il metodo che usavano anche i precedenti papi. Sempre più disattese invece le regole non scritte delle «sedi cardinalizie» e del peso dei curiali.
Nel primo concistoro di Francesco fece scalpore la porpora all'arcivescovo di Perugia Bassetti, lasciando al palo Moraglia e Nosiglia a Venezia e Torino. Ebbene, oggi è la volta di Agrigento e Ancona di lasciare al palo ancora Venezia e Torino, grazie alla designazione di Montenegro e Menichelli, pastori estranei alle carriere.
In particolare la porpora a Montenegro premia la Chiesa italiana della carità verso poveri e i più poveri dei poveri, gli immigrati. Una nomina italiana che parla a tutto il mondo, come fu con il primo viaggio del pontificato di Francesco, a luglio 2013 a Lampedusa, che diventò in un attimo da periferia dimenticata a prima frontiera d'Europa.
Altra regola disattesa: non tutti i capidicastero possono aspirare alla porpora, a Mamberti non si poteva non darla, come prefetto del Tribunale della Segnatura, ma sono pochi i posti di curia in cui Bergoglio voglia un cardinale. Dopo il picco raggiunto con Benedetto XVI prima del 2012, e ridimensionato da Ratzinger stesso con il suo ultimo concistoro, nel 2012, Bergoglio si muove per un collegio cardinalizio sempre meno curiale, e sempre più internazionale.
La universalità delle provenienze geografiche e culturali dei nuovi cardinali disattende altre tradizioni non scritte: l'America del Nord resta al palo sulle stesse posizioni dell'anno scorso, salgono zone dimenticate del mondo, sei nuove porpore vanno a sedi che non avevano mai avuto un cardinale; si premia l'apporto alla Chiesa di antiche diocesi africane, come Capo Verde. Nuova regola non scritta del pontificato Bergoglio è invece, certo, quella della pastoralità: sia gli elettori che gli emeriti sono persone apprezzate per il ruolo di pastori che hanno svolto o svolgono, servendo la Chiesa, ha detto il Papa, sia nella diplomazia che nelle diocesi.
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