ROMA. "Non credo di essere un 'eroe', ma so per certo di non essere un 'untore': sono solo un soldato che si è ferito nella lotta contro un nemico spietato". Sono queste le prime parole pronunciate dal medico italiano di Emergency colpito dal virus Ebola ed attualmente ricoverato in convalescenza all'istituto Spallanzani di Roma. Parole contenute in un messaggio che la Ong Emergency ha deciso di rendere noto. Dal suo reparto di totale isolamento, il medico italiano racconta, per la prima volta, la sua esperienza: le sensazioni e la paura provate nei momenti bui, ma anche il senso di sollievo nel sentire che le sue condizioni stanno migliorando. Non si sente un "eroe", il medico italiano che rappresenta il paziente 'Zero' del virus Ebola nel nostro paese; ma rivendica di non essere un "untore" ed il suo pensiero va subito, dice, "ai miei colleghi di Emergency che, anche in questi giorni, sono in Sierra Leone cercando di fare sempre di più e sempre meglio per curare i malati di Ebola".
Un virus, quello da cui è stato egli stesso colpito, che definisce "un mostro terribile e temibile". Tuttavia, sottolinea, "sono convinto che la sconfitta di questo mostro dipenda in larga misura dal fronte che lo ostacola. Spero che questo fronte possa allargarsi e opporsi a Ebola in modo sempre più efficace". Quindi, il ricordo va al viaggio fino all'aeroporto della Sierra Leone per la partenza sull'aereo dell'Aeronautica Militare: "Poi l'arrivo in Italia e il trasporto allo Spallanzani. Ricordo i primi giorni in isolamento - racconta - i farmaci sperimentali, l'estremo malessere, la nausea, il vomito, l'irrequietezza". Ma anche in quei momenti bui, in pensiero del medico in prima linea contro Ebola andava comunque "ai pazienti che avevo contribuito a curare; stavo provando le stesse cose che loro avevano provato - afferma - e cercavo di capire qualcosa di più di ciò che mi stava succedendo, cercavo di mantenere la mente lucida e distaccata per un'analisi 'scientifica'. Ma il malessere era troppo e troppo difficile restare concentrato".
Poi, il momento in cui "la luce della coscienza grosso modo si spegne". Il medico racconta di aver saputo da terzi di essere stato in rianimazione e di aver firmato i consensi per i protocolli sperimentali: "Non ho memoria di nulla, mi mancano due settimane, quelle del mio aggravamento, durante le quali mi sono in qualche modo battuto contro il mio nemico; e pare - afferma ora il sanitario - che sia riuscito a batterlo". Rassicuranti le prime parole del paziente sulle sue condizioni: "da qualche giorno sto meglio, lentamente ho ripreso in mano il controllo del mio corpo, riesco a muovermi in autonomia e da qualche giorno ho iniziato a leggere qualcosa di ciò che è stato pubblicato a proposito della mia vicenda". In larga misura, dice, si tratta di "parole di conforto, di sostegno e augurali ma anche parole - sottolinea con un accenno critico il paziente Zero - che possono essere giustificate solo dall'ignoranza".
Un primo messaggio, quello reso pubblico oggi dal medico di Emergency, che lascia dunque ben sperare rispetto alla possibilità di una celere dimissione ospedaliera e che evidenzia come la fase critica della malattia pare sia stata superata. Il medico, infatti, già da alcuni giorni, non è più nel reparto di rianimazione bensì nel reparto di isolamento dello Spallanzani, dove è in fase di convalescenza. Nei giorni scorsi anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aveva telefonato al medico italiano informandosi circa le sue condizioni e sottolineando come l'Italia debba essere fiera di uomini come lui. Di oggi la telefonata al medico da parte del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che afferma di avere avuto una "cordiale" conversazione con il paziente, facendogli gli auguri per il Natale. La speranza, come ha sottolineato lo stesso ministro, è che il medico italiano possa essere dimesso con l'arrivo del nuovo anno.
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