CITTÀ DEL VATICANO. In un mondo ancora segnato da «violenze, guerre, odio, sopraffazione», ci sarebbe invece tanto bisogno di «tenerezza». È questo, secondo il Papa, il messaggio del Natale: la «tenerezza di Dio» verso l'uomo, incarnata in «un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia», la cui venuta è «la luce che squarcia il buio». Ed è il sentimento di cui Francesco ha parlato nella messa della notte di Natale, celebrata ieri sera in San Pietro, ma anche nella telefonata fatta questo pomeriggio ai profughi cristiani del campo di Ankawa, nei pressi di Erbil, in Iraq, cui ha espresso la sua vicinanza dicendo loro: «voi siete come Gesù».
Nella liturgia di ieri sera, in cui hanno risuonato anche le note dell'«Et incarnatus est» dalla Messa in Do minore di Mozart, il Pontefice ha spiegato che l'annuncio della notte di Natale «ci rivela che Dio è Padre e che la sua paziente fedeltà è più forte delle tenebre e della corruzione», le cui origini vanno «all'oscuro momento in cui fu commesso il primo crimine dell'umanità», quello di Caino contro il fratello Abele. Ma in quel bambino che nasce a Betlemme c'è il segno dell'«umiltà di Dio portata all'estremo», c'è l'amore con cui quella notte «ha assunto la nostra fragilità, la nostra sofferenza, le nostre angosce, i nostri desideri e i nostri limiti». Un Dio, insomma, ha detto Francesco, «che ci guarda con occhi colmi di affetto, che accetta la nostra miseria, innamorato della nostra piccolezza». E quel Bambino, ha quindi affermato, ci invita a «riflettere»: ci lasciamo raggiungere dalla «tenerezza» di Dio, ci lasciamo abbracciare, oppure gli impediamo di avvicinarsi? Abbiamo il coraggio di «accogliere con tenerezza le situazioni difficili e i problemi di chi ci sta accanto, oppure preferiamo le soluzioni impersonali, magari efficienti ma prive del calore del Vangelo?».
«Quanto bisogno di tenerezza ha oggi il mondo!», ha quindi esclamato il Papa, secondo cui «la vita va affrontata con bontà, con mansuetudine», mentre occorre «la grazia della tenerezza nelle circostanze più dure della vita, della prossimità di fronte ad ogni necessità, della mitezza in qualsiasi conflitto». E la «grande luce» della nascita di Gesù, ha detto ancora, «la vide la gente semplice». Al contrario, «non la videro gli arroganti, i superbi, coloro che stabiliscono le leggi secondo i propri criteri personali, quelli che assumono atteggiamenti di chiusura». Nel pomeriggio, nella telefonata trasmessa da Tv2000 ai profughi iracheni ad Ankawa, riuniti per la messa, Francesco ha augurato loro «una santo Natale e un Natale con Gesù, perchè voi siete come Gesù la notte del suo Natale - ha detto -: per lui non c'era posto, è stato cacciato via ed è dovuto fuggire in Egitto per salvarsi».
«Voi siete come Gesù questa sera - ha ribadito - e io vi benedico tanto e sono vicino a voi». Rivolgendo poi il suo pensiero, in particolare, ai bambini e agli anziani, il Papa si è anche soffermato sul tema che oggi gli stava particolarmente a cuore: «Tu vai a trovare gli ammalati, i carcerati, quelli che hanno bisogno, curati delle vedove, di chi non ha da mangiare o da vestirsi, curati dei bisognosi, che sono la carne di Cristo. Questo - ha detto - si chiama tenerezza».
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