I rifiuti in Sicilia rappresentano una drammatica emergenza per la salute e per i bilanci dei Comuni. Siamo talmente abituati a convivere con città sporche, con cumuli di rifiuti lungo strade, con turisti che scattano foto ricordo, con voragini nei conti pubblici, con Ato che diventano Srr, con scioperi, con eserciti di dipendenti che nessuno può più pagare, da avere maturato ormai una pericolosissima acquiescenza. La Sicilia è la prima regione in Italia per i rifiuti conferiti in discarica; persino il Mezzogiorno prende le distanze da noi. Al Sud il 58% dei rifiuti va in discarica, in Sicilia siamo da anni stabilmente al 91%. È una pessima notizia; intanto i rifiuti hanno un valore commerciale e buttandoli in una buca si butta via una bella quantità di denaro. In secondo luogo rinunciando a recuperare le materie prime con la raccolta differenziata, siamo costretti ad intensificare lo sfruttamento del territorio.
A breve la grande discarica di Agrigento sarà satura; per circa cento comuni è una brutta gatta da pelare perché qualunque sia il rimedio, sarà necessario un tempo molto lungo. Per la Sicilia procedere a colpi di emergenze è una costante; ma la gestione emergenziale allontana le soluzioni definitive ed aggiunge nuove toppe ad un vestito già rattoppato.
Purtroppo i guai finanziari del sistema siciliano dei rifiuti stanno portando a fondo anche i bilanci dei comuni siciliani. In un sistema che avrebbe bisogno di direttive chiare e stabili, il cambio continuo delle regole porta confusione, errori, opacità, abusi e tanti tanti debiti. Eppure con la rapidità di una pallina da flipper si passa dalla gestione diretta dei comuni, agli Ato, per poi tornare ai Comuni, ignorando una lunga striscia di debiti, inadempienze, problemi irrisolti ed il consueto corollario di città sporche.
L’unico gioco che vede eccellere governi e burocrazie, quello delle soluzioni tampone, ha creato una voragine; quale migliore soluzione, infatti, che tappare i buchi con una comoda "anticipazione" finanziaria di mamma Regione? E cosi legge dopo legge, decreto dopo decreto, sciopero dopo sciopero, siamo arrivati in appena otto anni ad un esborso di 1.364 milioni di euro, mentre le somme rientrate sfiorano appena gli 80 milioni. L’ultima riforma non ha ancora preso le sembianze definitive, ma già si colgono i primi inquietanti segnali del consueto andazzo. Tra Ato che chiudono e Srr che nascono registriamo la presenza contemporanea di commissari straordinari e commissari liquidatori. Il piano decennale di rientro dalle anticipazioni già vede 11 Comuni andati in bancarotta e quindi ormai non più controparte. Ed infine per non farci mancare nulla anche la solita chicca sul personale. Il personale dei disciolti Ato può rientrare nei Comuni di appartenenza.
Una legge dello Stato lo proibisce categoricamente; ma che importa?
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