TORINO. Assolto «perchè il fatto non sussiste»: con questa formula l'imprenditore romano Francesco Caltagirone Bellavista, imputato per lo scandalo del porto turistico di Imperia, è stato assolto oggi dalle accuse di truffa aggravata e abuso d'ufficio. Il tribunale di Torino, dove si è tenuto il dibattimento, ha deciso la stessa sorte per altri nove imputati. Due sole le condanne, a otto mesi di reclusione e a 300 euro di ammenda. Si chiude così, almeno per il momento e in attesa delle motivazioni della sentenza, previste tra 90 giorni, la vicenda giudiziaria esplosa il 5 marzo 2012 con l'arresto di Caltagirone Bellavista. L'imprenditore, 75 anni, venne arrestato mentre usciva dal municipio di Imperia. Gli vennero a più riprese negati gli arresti domiciliari (anche un ricorso in tal senso in Cassazione venne respinto). I giudici ritennero in più occasioni che ci fosse da parte sua il rischio di inquinamento delle prove. Oggi alla lettura della sentenza l'imprenditore ha abbracciato a lungo i suoi legali. «Non ho parole per i giudici - ha detto dopo la lettura del verdetto -. Sono contento che in Italia ne esistano così. La cosa peggiore mentre ero in carcere è stata che la Procura di Imperia mi abbia impedito la difesa, con un accanimento contro imputati innocenti». Nel processo di Torino, quella della difesa di Caltagirone Bellavista è stata una vittoria su tutta la linea. Prima che la corte, presieduta dal giudice Cristina Domaneschi, si ritirasse in camera di consiglio, il pm Giancarlo Avenati Bassi, che aveva chiesto 8 anni per Caltagirone Bellavista e la condanna per tutti gli altri imputati, aveva anche presentato istanza di sequestro a fine di confisca di beni per 50 milioni di euro della società Acquamare, la costruttrice del porto, di cui l'imprenditore detiene il 33% delle quote. Anche questa richiesta, però, è stata respinta insieme a tutto il resto. Secondo l'accusa i costi per la realizzazione del Porto turistico di Imperia erano lievitati fino a 140 milioni di euro, ma l'opera non era stata neppure collaudata, con decine di proprietari di posti barca che avevano investito migliaia di euro senza avere nulla in cambio. Per la realizzazione del porto fu costituita una società ad hoc, la Porto d'Imperia spa, di proprietà per un terzo del Comune, per un terzo di un gruppo di imprenditori facenti capo all'ex ministro Claudio Scajola, e per un terzo della società Acquamare, società controllata del gruppo Acqua Marcia. Le accuse a Scajola vennero archiviate il 7 gennaio 2013. La procura di Imperia ha sempre sostenuto che Acquamare avrebbe cagionato un ingente danno patrimoniale (oltre cento milioni di euro) alla Porto di Imperia spa, dunque anche al Comune e al Demanio. Durante la requisitoria a Torino, il pm di Torino Avenati Bassi aveva definito quella del porto di Imperia «una truffa colossale, di livello pazzesco» e aveva parlato di «danno patrimoniale spaventoso per il Comune di Imperia e anche per lo Stato». Opposta la tesi sostenuta dalla difesa. Caltagirone Bellavista dopo la sentenza ha aggiunto: «I proprietari dei posti barca hanno ragione a lamentarsi, ma i responsabili di quanto accaduto vanno cercati altrove. Se me lo chiedono, sono disponibile a concludere i lavori per il porto» .