PALERMO. Dalle carte del processo d’appello contro l’ex generale Mario Mori affiora uno dei segreti inseguiti più a lungo dalle indagini antimafia dell’ultimo decennio. Il cosiddetto Protocollo Farfalla, siglato dal Sisde e dalla Direzione delle carceri tra il 2003 e il 2004, quando Mori guidava il servizio segreto civile. Un patto per raccogliere informazioni a pagamento da detenuti di Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra, all’insaputa di investigatori e inquirenti. Che ora - scrive il Corriere della Sera - per la Procura generale di Palermo, diventa una nuova prova a carico dell’imputato. A 75 anni Mori sembra un imputato più imputato degli altri. "Nuove prove" contro il generale sono state presentate dal pg Roberto Scarpinato all'apertura del processo d'appello per la mancata cattura del boss Bernardo Provenzano. Scarpinato ha chiesto la riapertura dell'istruzione dibattimentale e l'acquisizione di numerosi documenti, tra cui atti "classificati" dei servizi segreti, sulla carriera di Mori e su vari episodi dai quali emergerebbero pratiche investigative "opache". Tra i nuovi episodi contestati dall'accusa anche una condotta depistante che nel 1993 impedì la cattura a Terme Vigliatore, nel Messinese, del boss catanese Nitto Santapaola. Il criterio ispiratore dell'acquisizione delle "nuove prove", fa riferimento al fatto che, secondo Scarpinato, Mori avrebbe operato per "finalità occulte", per "disattendere doveri istituzionali" come ufficiale di polizia giudiziaria e venendo meno "all'obbligo di lealtà" nei confronti dell'autorità giudiziaria. Nel processo di primo grado il generale Mori e il suo braccio destro Mauro Obinu sono stati assolti "perché il fatto non costituisce reato".