PADOVA. Dieci giorni in meno di carcere sui 6 anni già in parte scontati e un risarcimento di 4808 euro per il sovraffollamento che ha vissuto in prigione. Questo quanto spetta ad un detenuto albanese, condannato per sfruttamento della prostituzione minorile e altri reati, col nuovo decreto legge approvato a giugno per evitare che la Corte europea dei Diritti dell’Uomo sanzionasse l’Italia. Il decreto prevede che lo spazio abitativo per il singolo carcerato sia di 3 metri quadrati, al di sotto la detenzione è considerata tortura. Il decreto legge introduce una riduzione di pena di 1 giorno di detenzione per ogni 10 giorni trascorsi in condizioni inumane, oppure il risarcimento di 8 euro al giorno se la detenzione si è già conclusa. Ad oggi, tuttavia, pur a fronte di parecchie migliaia di richieste già formulate dai detenuti in tutta Italia, molti uffici di Sorveglianza o non hanno ancora maturato un orientamento (come Milano e Napoli, che per priorità lavorano intanto sullo smaltimento delle istanze di «liberazioni anticipata» passibili di determinare l’urgente messa in libertà dei detenuti richiedenti); oppure stanno adottando – come a Vercelli – una linea restrittiva che sfocia in molte dichiarazioni di inammissibilità dei ricorsi. Nel caso esaminato dalla giudice di sorveglianza Linda Arata, un carcerato albanese condannato a 6 anni (per associazione a delinquere, prostituzione minorile, violenza privata e falsa testimonianza) lamentava tutta la propria attuale detenzione nella casa di reclusione di Padova.