PALERMO. «Non vado via. Il mio cuore è qua, la mia vita è qua. Ma anche la croce di legno è qua, pronta a partire di nuovo. E' stata la mia àncora in questi giorni». Davanti all'inerzia della burocrazia, a chi rema contro, a chi rende difficile fare il bene, il missionario laico Biagio Conte ha scelto la ribellione del silenzio. Una croce in spalla, da una montagna all'altra, col suo saio verde e il bastone del pellegrino in mano. Lui che fino a un anno e mezzo fa non poteva fare neppure dieci passi, costretto su una sedia a rotelle, e «miracolosamente» guarito dopo un viaggio a Lourdes. Ma dopo tredici giorni di pellegrinaggio a piedi sulle colline che circondano Palermo, Biagio è tornato a casa, «fisicamente stremato», ma spiritualmente le sue lancette segnano il pieno. E' dimagrito il fondatore della missione Speranza e Carità di Palermo, che oggi ospita un migliaio di poveri. Ma è carico.
Cosa o chi l'ha convinta a tornare alla missione?
«Sono tornato perché tanti cittadini hanno espresso questo desiderio. Ho incontrato tantissima gente, ho ricevuto attestati di solidarietà. Tutta la città mi ha dato forza. In tantissimi mi hanno chiesto preghiere e benedizioni. Fra' Benigno (dei frati minori rinnovati, esorcista, ndr) mi ha richiamato, ricordandomi che i poveri sono l'immagine di Gesù. Ho ricevuto un'ambasciata anche dal cardinale Romeo, che mi ha chiesto di continuare a occuparmi dei poveri. Ma anche non credenti o appartenenti ad altre religioni mi sono stati vicini».
In questo periodo di isolamento, di eremitaggio, ha vissuto momenti molto intensi. Quali in particolare?
«Vivere nella grotta di Monte Grifone, come avevo fatto nel primo viaggio nel '90, quando andai ad Assisi, è stata un'esperienza spirituale unica. Così come dormire sulla scalinata della chiesa di Boccadifalco o visitare il santuario della Madonna delle Croci, a Monreale. I giovani sono venuti a darmi forza, venerdì sera, sabato sera. Ho visitato ospedali, cliniche, parrocchie. Tutti mi hanno offerto solidarietà, anche le autorità».
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