Venerdì 15 Novembre 2024

Siti hot dall’ufficio, condannato ex vigile palmese

PALMA. Un ex ispettore dei vigili urbani, ora dipendente comunale in servizio in altro settore, è stato condannato dalla Corte dei conti a risarcire poco più di 1.500 euro per due distinte poste di danno erariale causate all’ente nel 2003 collegandosi a siti “hot” dal computer dell’ufficio in cui prestava servizio: 500 euro per il danno diretto provocato dal pagamento delle bollette “lievitate” e 1.000 euro quale danno indiretto per aver svolto attività illecita durante l’orario di servizio. Il collegio ha invece respinto la richiesta di condanna anche per il danno all’immagine avanzata dalla procura contabile. La sentenza (numero 1014/2014) è stata emessa dalla Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana e depositata in cancelleria lo scorso 3 settembre. Giuseppe Amato 47 anni, per questa stessa vicenda nel 2006 era stato rinviato a giudizio dal gup per il reato di peculato. Due anni dopo il Tribunale di Agrigento lo aveva riconosciuto colpevole e condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione, sentenza confermata nel 2011 dalla Corte d’Appello di Palermo. Il Comune, intanto, lo aveva prima sospeso e poi licenziato. Ma il 2 luglio del 2013 la Corte di Cassazione, dopo aver derubricato il reato il peculato d’uso, aveva emesso una sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. L’amministrazione lo aveva così riassunto, sia pure destinandolo ad altro incarico.Ma il procedimento di responsabilità amministrativa davanti alla Corte dei conti, avviato nel 2006 e “congelato” in attesa della sentenza penale, ha proseguito il suo iter. E i giudici contabili, respingendo le argomentazioni difensive presentate dal legale di Amato, l’avvocato Gaetano Caponnetto, hanno basato il loro convincimento sui risultati delle indagini dalla quale emergerebbe la certezza che sia stato proprio Amato a effettuare i collegamenti “incriminati”. E proprio dopo aver ricostruito nel dettaglio i vari episodi, “il collegio, constatata – si legge nelle motivazioni - la pervicacia dimostrata nello svolgimento dei fatti, nonché lo sprezzante reiterarsi di schemi comportamentali palesemente contrari ai doveri di servizio, non può non riconoscere nella condotta tenuta dall’Amato l’elemento psicologico del dolo”. Quanto al danno indiretto, scrivono ancora i giudici contabili nella sentenza, “nel caso di specie, il signor Amato, nel periodo accertato, ha sottratto, dolosamente, le proprie energie lavorative alla realizzazione delle finalità istituzionali dell’ente per porre in essere, ripetutamente e pervicacemente, condotte finalizzate unicamente alla realizzazione di un proprio effimero interesse”. E la conclusione: “Pertanto, nell’arco temporale considerato, è stato remunerato come se avesse svolto correttamente il servizio, percependo la relativa retribuzione, per un’attività che, invece, ha esulato da quella che avrebbe dovuto porre in essere in esecuzione del contratto di lavoro: è venuto meno, quindi, il rapporto tra la prestazione lavorativa erogata e la retribuzione corrisposta”.

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