PALERMO. I gestori delle 80 comunità alloggio e case famiglie per minori stranieri non accompagnati in Sicilia rischiano di chiudere. Da due anni non percepiscono finanziamenti pubblici e da qualche tempo non hanno nemmeno i soldi per pagare gli stipendi ai propri dipendenti (circa 700 persone tra medici, educatori, infermieri e inservienti) e per comprare medicine e cibo per bambini e ragazzi che ospitano sono, sostengono, costretti a indebitarsi. A denunciarlo è l'associazione Cicam, che raccoglie una cinquantina di cooperative e associazioni che accolgono i minori stranieri, sbarcati sulle coste siciliane, e che ha portato in
piazza a Palermo i titolari delle comunità, per chiedere un intervento delle istituzioni. «Da due anni non percepiamo nemmeno un euro, non abbiamo alcun interlocutore, ci hanno lasciati soli» dice Mario Mineo, 65 anni, gestore della comunità La Pineta, mentre si trova
davanti al palazzo dell'assessorato regionale alla Famiglia, dove i manifestanti hanno organizzato un presidio nel pomeriggio. Già stamattina i gestori di comunità avevano partecipato a un sit-in in Prefettura, dove una delegazione ha incontrato il prefetto Francesca Cannizzo. «In Sicilia le strutture, che si occupano di accoglienza per minori - aggiunge Mineo - sono una ottantina, vantiamo crediti per 30 milioni di euro, somme per il 35 per cento a carico della Regione, in parte a carico dello Stato e dell'Ue». «Le nostre strutture possono ospitare al massimo 12 minori; per ciascun ospite riceviamo 66 euro al giorno, i nostri colleghi della Toscana e del Lazio vengono pagati 110 euro - aggiunge-. I soldi per Mare Nostrum ci sono, salviamo i ragazzi e poi non abbiamo le risorse per assicurare loro cibo, medicine, vestiti».