Sui Nebrodi si scommette sulla filiera agroalimentare e su un prodotto fortemente apprezzato nei mercati nazionali ed esteri: il Suino Nero. Da diversi anni, ormai, è stata intrapresa una strada di sviluppo territoriale che punta sull’allevamento di questa razza suina che permette di ottenere derivati alimentari di grandissima qualità - salami, prosciutti, ma anche ragù - ma solo adesso si sta iniziando a ragionare in termini di completamento della filiera, dalla produzione alla trasformazione e alla commercializzazione.
Un primo esempio di questa presa di coscienza è stata la realizzazione del salumificio gestito dal Consorzio Terre dei Nebrodi, che ha come partner anche Slow Food, dove vengono prodotti prosciutto e salame da suino nero, dalle potenzialità enormi (può lavorare fino a 5.000 prosciutti) e dall’altissima qualità che all’ingrosso viene venduto in media a 45 euro al chilo ma che sul mercato spunta prezzi che oscillano tra i 55 e i 60 euro ed è molto richiesto dal mercato sia italiano che estero. Una struttura al servizio della produzione che ha un retroterra enorme: del consorzio di tutela del suino nero dei Nebrodi, costituito oltre dieci anni fa, fanno parte oltre all’Università di Messina (facoltà di Veterinaria) numerosi Comuni dell’area, e si è dotato di un disciplinare che “governa” un patrimonio fatto da 110 allevamenti, 3.500 soggetti coinvolti e 800 scrofe. Il passo successivo è l’ottenimento della Denominazione di origine protetta: la domanda è stata presentata.
Ma la filiera non è fatta solo di salumi: il suino nero è molto apprezzato anche nel settore gastronomico: dal ragù di suino nero dei Nebrodi a una variante delle famose arancine qui elaborate con ragù di suino nero. Il tutto va a collegarsi a un brand territoriale, quello dei Nebrodi appunto, che ha cominciato ad avere una sua riconoscibilità e un suo appeal anche grazie all’azione culturale svolta dal Parco e dalla Regione siciliana. Ma dietro questo brand vi sono settori dalle grandi potenzialità economiche ma che, ad oggi, sono disorganizzati e sottodimensionati, tra cui proprio quello agricolo.
Cosa manca? Mancano i collegamenti con le reti commerciali, un'adeguata formazione dei piccoli imprenditori della zona, una conoscenza approfondita delle norme e degli incentivi pubblici, una adeguata conoscenza del sistema bancario e dell'atteggiamento che bisogna tenere nei confronti degli istituti di credito.
Per approfondire questi aspetti è stato organizzato un convegno-seminario dal titolo “Fare impresa nell'agroalimentare: metodi, strumenti e prospettive” che consenta agli imprenditori del luogo, con interventi pratici ed esempi concreti, di confrontarsi con un nuovo modo di fare impresa, moderno e soprattutto produttivo. Il seminario si svolgerà giovedì 24 aprile alle 10 nell’Agriturismo Natura amica in Contrada Liazzo a Longi (Messina). L'obiettivo è quello di contribuire a far nascere primi nuclei di reti di imprese e di stimolare la nascita di start up nel settore agroalimentare. Parteciperanno al seminario Roberto Lio, agente generale per la Sicilia di Atradius, Pino Gullo di Legacoop, Gaetano Li Pomi, direttore dell’Area commerciale Unicredit-Messina, Pietro Cami di Supermercati Grossy, Melita Nicotra, ricercatrice dell’Università di Catania, Saverio Leanza di Eurosoluzioni. Modera Nino Amadore giornalista del Sole 24 Ore.
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