Domenica 05 Maggio 2024

Sgarbi non candidabile a Cefalù: voto confermato

CEFALU'. Vittorio Sgarbi non può essere candidato sindaco a Cefalù (Pa). Lo ha stabilito la Corte d'appello di Palermo che ha confermato la decisione del tribunale di Marsala. A provocare l'estromissione del critico dal voto di Cefalù è una norma del testo unico degli enti locali (l'art. 143) in base al quale non possono concorrere al primo turno elettorale utile gli amministratori di enti sciolti per infiltrazioni mafiose. È il caso di Sgarbi il quale era sindaco di Salemi (Trapani) quando, a febbraio, il comune è stato sciolto dopo una relazione degli ispettori ministeriali
secondo i quali l'attività amministrativa era condizionata dagli interventi di Giuseppe Giammarinaro, coinvolto in una inchiesta culminata con i sequestro di beni per 35 milioni.
Il sindaco di Cefalù, Giuseppe Guercio, chiederà al prefetto e al capo dello Stato uno
slittamento «tecnico» del voto per il rinnovo del consiglio comunale del 6 e 7 maggio prossimi. Dopo la decisione della corte d'appello di Palermo, che ha dichiarato Vittorio Sgarbi
«non candidabile», occorrerà ristampare le schede senza il nome del critico: operazione, secondo il sindaco, che non potrà essere compiuta in poche ore. Per questo ha detto che si
appresta a chiedere il rinvio di 15 giorni delle operazioni elettorali per farle coincidere con il turno di ballottaggio nei comuni maggiori.
Ma arriva lo stop della Regione: «La normativa in materia elettorale prevede il rinvio delle
elezioni solamente per cause di forza maggiore,  - sostiene l'assessore Caterina Chinnici -
ossia per impedimenti oggettivi che non consentono il regolare svolgimento delle operazioni di voto, quali, per esempio, le calamità naturali. Nulla, invece, è previsto nell'ipotesi di incandidabilità dei singoli soggetti». Mercoledì scorso, dopo la proposta di slittamento delle
consultazioni amministrative a Cefalù, avanzata dal prefetto di Palermo, «la giunta regionale ha approfondito con attenzione il caso, arrivando alla conclusione, all'unanimità, che, - dice
Chinnici - stando alla normativa vigente, in questa fase della competizione elettorale, il legislatore non ha previsto rimedi giuridici applicabili in tale ipotesi».   «Pertanto, qualsiasi intervento della Regione rappresenterebbe  - conclude - l'esercizio di un potere non
attribuito dalla legge e quindi in contrasto con i principi costituzionalmente garantiti connessi all'esercizio del diritto di voto».

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