PALERMO. È dramma in Sicilia per lo sciopero dei tir, mentre la Digos indaga sulla presenza di estremisti di destra e di sinistra tra i manifestanti e le procure sono in allarme dopo le denunce su presunte infiltrazioni mafiose. I blocchi hanno causato la chiusura delle pompe di benzina. A Palermo e ad Agrigento trovare carburante è impossibile, così come a Catania, Messina e nell'arcipelago delle Eolie. Gli scaffali dei supermercati sono semivuoti, l'acqua minerale scarseggia, le piccole botteghe hanno abbassato le saracinesche, fermi i mezzi per la raccolta dell'immondizia a Ragusa e a Gela, chiuso per il secondo giorno consecutivo il mercato ortofrutticolo a Vittoria, il più grande d'Italia. Intanto la merce sui camion fermi ai presidi sta deperendo.
Ci vorranno giorni perchè la situazione torni alla normalità. I contadini del movimento dei 'Forconì e i pescatori in serata, alla fine di una concitata assemblea a Catania, hanno deciso di proseguire a oltranza con i blocchi nei porti, nelle strade statali e nelle raffinerie, anche se dovrebbero allentare un pò la pressione. I tir, invece, torneranno a muoversi dopo la mezzanotte di domani, alla scadenza del quinto giorno di protesta come comunicato dall'Aias alla commissione di garanzia all'inizio della mobilitazione.
Il vertice convocato dal presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, con i prefetti di Palermo e Catania e delegazioni di manifestanti si è chiuso in sostanza con un nulla di fatto. «Siamo affamati, la politica non lo capisce o non lo vuole capire», dice Giuseppe Richichi, leader dell'Aias. Lombardo, che condivide le ragioni della protesta ma non i metodi, ha chiesto aiuto al premier Monti. «La situazione siciliana desta molta preoccupazione - ha spiegato il sottosegretario ai Trasporti, Guido Improta, rispondendo alla Camera a un'interpellanza urgente sugli autotrasportatori - soprattutto in considerazione degli allarmi lanciati dal procuratore Francesco Messineo, dalla Confindustria e dalla Regione Sicilia».
I manifestanti chiedono il rimborso delle accise sul carburante, l'abbattimento dei pedaggi e dei costi di traghettamento, garanzie sulle produzioni locali il cui prezzo è aggredito dalla merce proveniente da Paesi extracomunitari. Oggi l'isola ha vissuto la sua giornata più difficile
dall'inizio della protesta, scandita da blocchi e manifestazioni in ogni provincia. A Catania è stato bloccato l'ingresso nel porto ai mezzi pesanti, altri presidi nell'autostrada Catania-Messina e nella zona industriale. Blocchi anche lungo la statale 114, all'altezza di Acireale, nei pressi della frazione Trepunti di Giarre e nella Catania-Gela. Presidi anche a Paternò, dove alla protesta si è unito un migliaio di studenti.
A Enna un mezzo di una società pubblica che tentava di forzare il blocco dei camionisti è salito con la ruota sul piede di uno dei manifestanti che ha riportato una frattura. Nel Petrolchimico di Gela i cancelli sono stati di nuovo bloccati dai 'Forconì e dagli autotrasportatori che non hanno consentito il passaggio ai lavoratori. L'Eni ha comunicato il rischio di un blocco generale e improvviso dello stabilimento. La polizia da giorni sta tenendo sotto controllo alcuni gruppi di giovani, particolarmente attivi, sospettati di gravitare nell'orbita delle cosche mafiose gelesi; molti sarebbero stati fotografati e identificati. Bloccata quasi completamente anche la rotonda Giunone, nella valle dei Templi di Agrigento. I tir sono stati parcheggiati sul ciglio della strada e il traffico, proveniente dalla statale 640 e dalla Panoramica dei Templi, viene deviato verso la statale 115 direzione Porto Empedocle. Il blocco è presidiato da polizia e carabinieri